
Amministrazioni ed Enti
Le Province sono parte della vita democratica della Repubblica
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all'Assemblea Nazionale delle Province d’Italia (UPI) a Lecce
Puglia - mercoledì 26 novembre 2025
8.34
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha partecipato ieri alla cerimonia di apertura della 38esima Assemblea Nazionale delle Province d'Italia (UPI), in svolgimento a Lecce al Teatro Apollo. L'appuntamento di quest'anno ha per titolo "Le province, aperte al futuro" e vede la presenza delle delegazioni di tutte le Province italiane, Presidenti di Provincia, Consiglieri Provinciali, Segretari e Direttori Generali, Responsabili e funzionari delle Province italiane, Direttori delle UPI regionali e loro delegazioni. I lavori della prima giornata sono stati aperti con i saluti di Adriana Poli Bortone, Sindaco di Lecce, di Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia, di Fabio Tarantino, Presidente della Provincia di Lecce e di Stefano Minerva, Presidente UPI Puglia. La cerimonia si è conclusa con la relazione del Presidente UPI, Pasquale Gandolfi, e l'intervento del Presidente Mattarella: .
""" I Presidenti delle Province, gli amministratori che partecipano a questa Assemblea, con il loro impegno traducono in realtà quotidiana un'istituzione che la Costituzione - ripeto anch'io - pone come elemento costitutivo della Repubblica, unitamente ai Comuni, alle Città metropolitane, alle Regioni. La Costituzione stabilisce inoltre che le Province sono enti autonomi con propri statuti, poteri, funzioni. Si tratta di previsioni che non possono essere accantonate. Le Province – titolari di questo status - vivono tuttora nel servizio che rendono alle comunità e ai territori, una transizione incompiuta. La legge del 2014 è intervenuta su funzioni, ambiti di intervento e procedure, in previsione di un riassetto costituzionale che non si è realizzato. Il processo allora previsto – come è noto - si è interrotto; e non è stato ripreso né compiuto.
Sono rimaste le incertezze sul ruolo delle Province, sull'esercizio dei compiti, sugli indirizzi da assumere e questo incide sull'intero complesso delle autonomie, con evidenti problemi di coordinamento e di efficacia. Le disfunzioni, ovviamente, non preoccupano soltanto per le relazioni fra gli enti territoriali ma anche, e soprattutto, per la qualità dei servizi resi ai cittadini, per le opportunità che devono essere promosse e non misconosciute, per i diritti che vanno garantiti nel nostro Paese secondo una misura di uguaglianza. Tutto questo pone interrogativi che è necessario superare con organici interventi legislativi.
Il più elementare tra gli interrogativi è se la dimensione territoriale provinciale sia superata, come sembrava sottintendere la legge del 2014.
La riflessione sui temi coinvolti da questo interrogativo è di alto rilievo, giacché richiama principi di fondo di organizzazione della nostra comunità nazionale, a partire dall'applicazione del principio di sussidiarietà verticale e dalla questione della identità e della rappresentanza dei territori.
Va confermata l'esistenza di un ente intermedio tra Regioni e Comuni?
Ci sono attività e servizi che è meglio organizzare su scala vasta.
Sono adeguate e preferibili, a questo scopo, le strutture di consorzi monofunzionali o, addirittura, plurifunzionali o è più efficiente la presenza – ripeto - di un ente territoriale definito e omogeneo, non rimesso alla singola iniziativa di specifiche aree?
La programmazione territoriale merita un processo di partecipazione dal basso o appartiene, piuttosto, al solo intervento di Regione e Stato?
Avete posto il "futuro" al centro del messaggio di questa Assemblea, come è scritto avanti al tavolo della Presidenza e dietro di noi.
È necessario farlo.
Un'attenzione rivolta soltanto al momento contingente indebolisce visione e progettualità, basandosi su una perenne e mediocre condizione di provvisorietà che produce forti limitazioni di efficacia.
Le Province hanno titolo per pensare, per scrutare il futuro.
Sono un'istituzione conosciuta, avvertita dai cittadini, per i quali rappresentano un punto di riferimento, persino, sovente, un elemento qualificante di identità.
Il sistema delle autonomie voluto dalla Repubblica è un edificio armonioso, basato sul principio della leale collaborazione.
Il ruolo dei Comuni ha fondamenti antichi nella storia d'Italia e sappiamo che per i Costituenti l'istituto regionale – con piena ragione - rappresentava la novità più significativa nel disegno autonomista della Costituzione, concepito come una forma di democrazia decisamente più partecipata e avanzata rispetto al modello precedente di Stato centralista.
Come è noto, con l'introduzione dell'ordinamento regionale, si aprì un dibattito sulla possibile soppressione delle Province.
Meuccio Ruini, Presidente della Commissione dei 75 alla Costituente, osservò: "Se per creare la Regione distruggessimo la Provincia, susciteremmo un ambiente di malcontenti, di diffidenze, di gelosie, di urti, entro il quale non conviene che sorga la Regione. Quest'ente nuovo deve avere la maggior collaborazione possibile, anche di coloro che vedono nella Provincia il loro nido, la loro tradizione, il loro sentimento".
Il rinnovato Titolo V della Costituzione, confermato dal referendum popolare del 2001, ha voluto collocare – ricordo nuovamente - come pietre angolari della Repubblica, con pari dignità, i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni, lo Stato. Inoltre, l'art. 5 afferma: "La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali".
Rimane dunque l'interrogativo di fondo: come adeguare le funzioni delle Province a quanto dispone la Costituzione?
Non ci si può sottrarre al dovere di attuarla.Le Province non possono essere destinate a un eterno "limbo". Sono parte della vita democratica della Repubblica.
Nessuna sede meglio di questa, nella quale sono presenti i Sindaci che costituiscono, oggi, gli organi deliberativi delle Province, può elaborare un contributo di riflessione. Autorevole e da ascoltare. L'indebolimento, avvenuto in questi anni nell'ente Provincia, con lacune, attribuzioni incerte o contese, - nonostante il generoso impegno degli amministratori locali - ha provocato una ricaduta sul soddisfacimento di diritti dei cittadini e sui servizi; insomma sulle potenzialità dei territori.
È necessario intervenire, ripeto. Con uno sguardo d'insieme. E con animo repubblicano di unità, di cooperazione tra istituzioni e, spero, tra parti politiche.
Mi auguro che la vostra proposta di un confronto con le Regioni per avvicinare e riordinare le disposizioni regionali che attualmente regolano le funzioni delle Province - incluse le questioni di adeguamento poste dagli esiti referendari - abbia esito positivo. Le Province sono l'ente di connessione tra città e territori lontani dalle maggiori vie di comunicazione, tra vita urbana e vita nelle aree interne e montane. Il loro ruolo è prezioso sul terreno della coesione, a partire dai tradizionali ambiti delle comunicazioni e dell'istruzione, per contrastare la rischiosa condizione che, per alcuni settori della popolazione i diritti di cittadinanza siano resi di fatto meno fruibili.
Le Province, chiamate all'attuazione di parti del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, stanno portando a compimento con efficacia il loro compito, riguardante soprattutto l'adeguamento e la messa in sicurezza di edifici scolastici. Tema assolutamente prioritario. Un'opera che non può essere interrotta. L'Upi ha posto in evidenza l'inderogabile esigenza di porre in sicurezza ponti e gallerie delle infrastrutture di interesse provinciale. La condizione istituzionale di incertezza ha, inoltre, fatto sì che nelle Province si accumulasse, in questi anni, una condizione di squilibrio nelle risorse finanziarie. Il dialogo con il governo e con le forze parlamentari offrirà, ne sono certo, opportunità di convergenza, nell'interesse dei nostri concittadini. Il futuro è in movimento. Dobbiamo essere capaci di progettarlo mentre siamo in cammino. Per questo vi auguro buona assemblea e buon futuro alle Province d'Italia."""
""" I Presidenti delle Province, gli amministratori che partecipano a questa Assemblea, con il loro impegno traducono in realtà quotidiana un'istituzione che la Costituzione - ripeto anch'io - pone come elemento costitutivo della Repubblica, unitamente ai Comuni, alle Città metropolitane, alle Regioni. La Costituzione stabilisce inoltre che le Province sono enti autonomi con propri statuti, poteri, funzioni. Si tratta di previsioni che non possono essere accantonate. Le Province – titolari di questo status - vivono tuttora nel servizio che rendono alle comunità e ai territori, una transizione incompiuta. La legge del 2014 è intervenuta su funzioni, ambiti di intervento e procedure, in previsione di un riassetto costituzionale che non si è realizzato. Il processo allora previsto – come è noto - si è interrotto; e non è stato ripreso né compiuto.
Sono rimaste le incertezze sul ruolo delle Province, sull'esercizio dei compiti, sugli indirizzi da assumere e questo incide sull'intero complesso delle autonomie, con evidenti problemi di coordinamento e di efficacia. Le disfunzioni, ovviamente, non preoccupano soltanto per le relazioni fra gli enti territoriali ma anche, e soprattutto, per la qualità dei servizi resi ai cittadini, per le opportunità che devono essere promosse e non misconosciute, per i diritti che vanno garantiti nel nostro Paese secondo una misura di uguaglianza. Tutto questo pone interrogativi che è necessario superare con organici interventi legislativi.
Il più elementare tra gli interrogativi è se la dimensione territoriale provinciale sia superata, come sembrava sottintendere la legge del 2014.
La riflessione sui temi coinvolti da questo interrogativo è di alto rilievo, giacché richiama principi di fondo di organizzazione della nostra comunità nazionale, a partire dall'applicazione del principio di sussidiarietà verticale e dalla questione della identità e della rappresentanza dei territori.
Va confermata l'esistenza di un ente intermedio tra Regioni e Comuni?
Ci sono attività e servizi che è meglio organizzare su scala vasta.
Sono adeguate e preferibili, a questo scopo, le strutture di consorzi monofunzionali o, addirittura, plurifunzionali o è più efficiente la presenza – ripeto - di un ente territoriale definito e omogeneo, non rimesso alla singola iniziativa di specifiche aree?
La programmazione territoriale merita un processo di partecipazione dal basso o appartiene, piuttosto, al solo intervento di Regione e Stato?
Avete posto il "futuro" al centro del messaggio di questa Assemblea, come è scritto avanti al tavolo della Presidenza e dietro di noi.
È necessario farlo.
Un'attenzione rivolta soltanto al momento contingente indebolisce visione e progettualità, basandosi su una perenne e mediocre condizione di provvisorietà che produce forti limitazioni di efficacia.
Le Province hanno titolo per pensare, per scrutare il futuro.
Sono un'istituzione conosciuta, avvertita dai cittadini, per i quali rappresentano un punto di riferimento, persino, sovente, un elemento qualificante di identità.
Il sistema delle autonomie voluto dalla Repubblica è un edificio armonioso, basato sul principio della leale collaborazione.
Il ruolo dei Comuni ha fondamenti antichi nella storia d'Italia e sappiamo che per i Costituenti l'istituto regionale – con piena ragione - rappresentava la novità più significativa nel disegno autonomista della Costituzione, concepito come una forma di democrazia decisamente più partecipata e avanzata rispetto al modello precedente di Stato centralista.
Come è noto, con l'introduzione dell'ordinamento regionale, si aprì un dibattito sulla possibile soppressione delle Province.
Meuccio Ruini, Presidente della Commissione dei 75 alla Costituente, osservò: "Se per creare la Regione distruggessimo la Provincia, susciteremmo un ambiente di malcontenti, di diffidenze, di gelosie, di urti, entro il quale non conviene che sorga la Regione. Quest'ente nuovo deve avere la maggior collaborazione possibile, anche di coloro che vedono nella Provincia il loro nido, la loro tradizione, il loro sentimento".
Il rinnovato Titolo V della Costituzione, confermato dal referendum popolare del 2001, ha voluto collocare – ricordo nuovamente - come pietre angolari della Repubblica, con pari dignità, i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni, lo Stato. Inoltre, l'art. 5 afferma: "La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali".
Rimane dunque l'interrogativo di fondo: come adeguare le funzioni delle Province a quanto dispone la Costituzione?
Non ci si può sottrarre al dovere di attuarla.Le Province non possono essere destinate a un eterno "limbo". Sono parte della vita democratica della Repubblica.
Nessuna sede meglio di questa, nella quale sono presenti i Sindaci che costituiscono, oggi, gli organi deliberativi delle Province, può elaborare un contributo di riflessione. Autorevole e da ascoltare. L'indebolimento, avvenuto in questi anni nell'ente Provincia, con lacune, attribuzioni incerte o contese, - nonostante il generoso impegno degli amministratori locali - ha provocato una ricaduta sul soddisfacimento di diritti dei cittadini e sui servizi; insomma sulle potenzialità dei territori.
È necessario intervenire, ripeto. Con uno sguardo d'insieme. E con animo repubblicano di unità, di cooperazione tra istituzioni e, spero, tra parti politiche.
Mi auguro che la vostra proposta di un confronto con le Regioni per avvicinare e riordinare le disposizioni regionali che attualmente regolano le funzioni delle Province - incluse le questioni di adeguamento poste dagli esiti referendari - abbia esito positivo. Le Province sono l'ente di connessione tra città e territori lontani dalle maggiori vie di comunicazione, tra vita urbana e vita nelle aree interne e montane. Il loro ruolo è prezioso sul terreno della coesione, a partire dai tradizionali ambiti delle comunicazioni e dell'istruzione, per contrastare la rischiosa condizione che, per alcuni settori della popolazione i diritti di cittadinanza siano resi di fatto meno fruibili.
Le Province, chiamate all'attuazione di parti del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, stanno portando a compimento con efficacia il loro compito, riguardante soprattutto l'adeguamento e la messa in sicurezza di edifici scolastici. Tema assolutamente prioritario. Un'opera che non può essere interrotta. L'Upi ha posto in evidenza l'inderogabile esigenza di porre in sicurezza ponti e gallerie delle infrastrutture di interesse provinciale. La condizione istituzionale di incertezza ha, inoltre, fatto sì che nelle Province si accumulasse, in questi anni, una condizione di squilibrio nelle risorse finanziarie. Il dialogo con il governo e con le forze parlamentari offrirà, ne sono certo, opportunità di convergenza, nell'interesse dei nostri concittadini. Il futuro è in movimento. Dobbiamo essere capaci di progettarlo mentre siamo in cammino. Per questo vi auguro buona assemblea e buon futuro alle Province d'Italia."""


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