
Religioni
Desolata 2020: un inno vissuto “senza veli”
I ringraziamenti di Don Antonio Turturro
Canosa - martedì 14 aprile 2020
14.30
Al termine di questa settimana santa desideriamo ringraziare, tutti coloro che hanno collaborato per la realizzazione del progetto riguardante la preghiera alla Desolata. Tuttavia, quest'anno tutti i riti sono stati stravolti, rivisitati e reinterpretati, perciò anche questo non sarà solo il solito comunicato stampa di ringraziamento di una collaborazione, ma vuole essere un modo per comunicare una gioia più radicale, una emozione profonda, condivisa e "solidale", perché sono questi i sentimenti che abbiamo provato durante la "Desolata" di questo 2020, che sarà ricordato per il virus certamente, ma nel cuore e nella mente dei canosini, anche per la modalità con cui abbiamo pregato la Vergine Desolata. Lo stravolgimento causato dal virus ha toccato le modalità con cui abbiamo vissuto questa preghiera della Desolata, non c'è stata la tradizionale processione a cui tutti eravamo abituati, non ci sono state foto, riprese, sfilate di angioletti, paggetti e donne vestite di nero che ci facevano emozionare con il loro canto struggente, in cui ogni donna si identificava, e che ci è tanto caro …. no quest'anno è stato diverso. La diversità tuttavia, non è sempre foriera di cose negative, e ne abbiamo avuto l'ennesima conferma. Quest'anno grazie alla condivisione solidale con alcune persone, e agenzie di comunicazione ed enti presenti sul territorio quali: Terra Del Sole, La Gazzetta del Mezzogiorno, CanosaWeb, CanosaLive, Radio LoveFm, Carlo Gallo, TeleSveva, Pro Loco, Fondazione Archeologica Canosina, che sicuramente ringraziamo, è stato possibile vivere una modalità di preghiera del Sabato Santo, innovativo per noi, inusuale certamente ma che ha portato con sé una solenne bellezza collaterale.
L'Inno della Desolata non è stato cantato dalle donne vestite di nero dietro la statua, ma trasmesso attraverso la radio, le pagine Facebook, e i mezzi di comunicazione che hanno voluto e con il parroco Don Carmine Catalano e la parrocchia, Ss. Francesco e Biagio di Canosa di Puglia credere in questo progetto. A questo proposito molto importante è stata anche la presenza "digitale" del vescovo della Diocesi di Andria, Mons. Luigi Mansi che attraverso un video messaggio non ha fatto mancare il suo saluto e conforto, e che ringraziamo di cuore. Ma non finisce qui, tanta altra gente facendosi portavoce di chi non ha potuto accedere a questi mezzi ha provveduto a sistemare su terrazzi, balconi e anche per strada delle casse dalle quali è risuonato l'inno permettendo così anche a chi non aveva i mezzi, di poterlo ascoltare. Le donne che facevano parte del coro, hanno ugualmente indossato il loro vestito nero come se dovessero normalmente recarsi alla processione, ma lo hanno cantato dal balcone, ciò che ne è scaturito è stato forse inatteso. Sembrava che tutta la città facesse sue le parole dell'inno elevandole alla Vergine Desolata, eleggendola madre che sola può farsi carico di tutta la desolazione che stiamo vivendo e che colpisce la nostra città.
Tralasciando le polemiche tra apocalittici e ultraprogressisti circa le modalità di preghiera utilizzate in questo periodo storico, ciò che ci ha emozionato è stato poter assistere a questo fenomeno, un inno che non è stato solo cantato ma vissuto. Senza i veli che eravamo abituati a vedere, ma svelando la nudità del cuore di chi realmente si affida alla madre con cuore umile, perché inevitabilmente questa quaresima, anche "grazie" al virus è stata un forte richiamo alla nudità e alla essenzialità che sempre e comunque dobbiamo ricercare. I riti sono stati stravolti ma non la nostra fede in Maria, e una delle bellezze collaterali a tutto questo è stata anche la solidarietà di chi si è fatto carico delle desolazioni degli altri e si è unito all'inno, canto di affidamento alla madre, l'unica che può capirci e consolarci. Un inno vissuto dunque, senza veli, senza orpelli e mediazioni, ma che si è trasformato in una comune richiesta di tenerezza alla vergine Madre e che sgorgava da una cassa di risonanza molto potente … il nostro cuore.
Non c'è stata quindi collaborazione ad una iniziativa, ma condivisione di un progetto che ha permesso così che la preghiera diventasse unica, unanime e intensa, non ci si è fermati alla emozione seppur presente e molto forte, ma si è andati oltre coinvolgendo ciascun credente a sentirsi destinatario di quella amorevolezza che solo la vergine Santa può donarci, e di cui oggi il mondo ha bisogno. Questo è sicuramente un passo ulteriore nel processo di presa di consapevolezza orientato a comprendere come paradossalmente, quest'anno "l'assenza di veli", ha costituito la possibilità di andare oltre il visibile , per nutrirci dell'essenziale.
Don Antonio Turturro- Vicario Parrocchia Ss. Francesco e Biagio
L'Inno della Desolata non è stato cantato dalle donne vestite di nero dietro la statua, ma trasmesso attraverso la radio, le pagine Facebook, e i mezzi di comunicazione che hanno voluto e con il parroco Don Carmine Catalano e la parrocchia, Ss. Francesco e Biagio di Canosa di Puglia credere in questo progetto. A questo proposito molto importante è stata anche la presenza "digitale" del vescovo della Diocesi di Andria, Mons. Luigi Mansi che attraverso un video messaggio non ha fatto mancare il suo saluto e conforto, e che ringraziamo di cuore. Ma non finisce qui, tanta altra gente facendosi portavoce di chi non ha potuto accedere a questi mezzi ha provveduto a sistemare su terrazzi, balconi e anche per strada delle casse dalle quali è risuonato l'inno permettendo così anche a chi non aveva i mezzi, di poterlo ascoltare. Le donne che facevano parte del coro, hanno ugualmente indossato il loro vestito nero come se dovessero normalmente recarsi alla processione, ma lo hanno cantato dal balcone, ciò che ne è scaturito è stato forse inatteso. Sembrava che tutta la città facesse sue le parole dell'inno elevandole alla Vergine Desolata, eleggendola madre che sola può farsi carico di tutta la desolazione che stiamo vivendo e che colpisce la nostra città.
Tralasciando le polemiche tra apocalittici e ultraprogressisti circa le modalità di preghiera utilizzate in questo periodo storico, ciò che ci ha emozionato è stato poter assistere a questo fenomeno, un inno che non è stato solo cantato ma vissuto. Senza i veli che eravamo abituati a vedere, ma svelando la nudità del cuore di chi realmente si affida alla madre con cuore umile, perché inevitabilmente questa quaresima, anche "grazie" al virus è stata un forte richiamo alla nudità e alla essenzialità che sempre e comunque dobbiamo ricercare. I riti sono stati stravolti ma non la nostra fede in Maria, e una delle bellezze collaterali a tutto questo è stata anche la solidarietà di chi si è fatto carico delle desolazioni degli altri e si è unito all'inno, canto di affidamento alla madre, l'unica che può capirci e consolarci. Un inno vissuto dunque, senza veli, senza orpelli e mediazioni, ma che si è trasformato in una comune richiesta di tenerezza alla vergine Madre e che sgorgava da una cassa di risonanza molto potente … il nostro cuore.
Non c'è stata quindi collaborazione ad una iniziativa, ma condivisione di un progetto che ha permesso così che la preghiera diventasse unica, unanime e intensa, non ci si è fermati alla emozione seppur presente e molto forte, ma si è andati oltre coinvolgendo ciascun credente a sentirsi destinatario di quella amorevolezza che solo la vergine Santa può donarci, e di cui oggi il mondo ha bisogno. Questo è sicuramente un passo ulteriore nel processo di presa di consapevolezza orientato a comprendere come paradossalmente, quest'anno "l'assenza di veli", ha costituito la possibilità di andare oltre il visibile , per nutrirci dell'essenziale.
Don Antonio Turturro- Vicario Parrocchia Ss. Francesco e Biagio