Agnese Moro
Agnese Moro
Eventi e cultura

Il bacio dopo gli anni di piombo

Sia vittime che colpevoli devono tornare a essere persone

L'ex terrorista Maria Grazia Grena abbraccia la figlia di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978. «Volevamo vita, abbiamo generato morte. Ho chiuso col passato quando ho ascoltato l'urlo di chi chiedeva perché» cosi esordisce l'ex terrorista al Meeting di Rimini. «Che cosa è la giustizia? Nessuno di noi lo sa veramente, eppure è un desiderio che tutti abbiamo dentro». Agnese, figlia del grande statista democristiano Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse, apre il suo intervento in un salone strapieno, «Così le nostre vite sono cambiate: la giustizia oltre la pena», coordinato dal vice presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia e introdotto dal docente di criminologia Adolfo Ceretti. Vi ha preso parte anche l'ex appartenente ai gruppi armati degli anni 70, Maria Grazia Grena. Una domanda forte, bruciante, da parte di chi ha perso il padre e che, ha detto Agnese, provoca rabbia, odio, dolore e assenza sconfinata. «La strada offerta a chi ha questa domanda - ha aggiunto - è quella della giustizia penale, che certamente è necessaria, ma non basta a colmare quello di cui hai disperato bisogno: fare domande a loro, a chi ha generato morte, chiedere come è possibile che tu abbia ucciso mio padre». Ma davanti non hai nessuno. È davanti a questa apparente sconfitta, come ha sottolineato il professor Ceretti, che nasce quello che è un termine insolito: la giustizia riparativa. Sia le vittime sia coloro che hanno generato violenza, hanno concordato Agnese Moro e Maria Grazia Grena, infatti finiscono per perdere la loro umanità: «Volevamo la vita, abbiamo generato la morte» ha detto la Grena, che comunque non ha mai sparato un colpo di arma da fuoco e ha saldato tutti i suoi debiti con la giustizia. «Pensavo di aver chiuso con il mio passato - ha spiegato - ma non è stato così finché non ho accettato di sentire l'urlo di chi ci chiedeva perché avevamo fatto quello che abbiamo fatto. Accogliendo quell'urlo sono tornata nel profondo della mia umanità». «Sia vittime che colpevoli - ha ricordato Agnese Moro - devono tornare a essere persone». È accettando questa sfida che le due donne hanno preso parte a un percorso guidato e accompagnato con altri familiari di vittime del terrorismo e a ex terroristi. Solo in un dialogo, in una apertura all'altro, nel riconoscere che è un bene per me anche chi ci ha fatto male, è possibile la rinascita della nostra umanità. Queste due grandi donne lo hanno testimoniato con forza, nelle lacrime della Grena e nel bacio che l'ex terrorista ha dato alla figlia dello statista a inizio incontro. La giustizia riparativa allora, come ha detto Marta Cartabia in conclusione, «non è solo un invito ai giuristi a riconsiderare il concetto di giustizia, ma un invito a ciascuno di noi perché i conflitti non sono solo le tragedie mondiali, ma anche quelli che ci portiamo a casa, in famiglia, nei luoghi di lavoro». Un invito che può raccogliere ciascuno di noi, quando siamo coinvolti in un "conflitto" grande o piccolo, perché solo se ci avviciniamo all'altro, considerandolo una persona, possiamo superarlo e recuperare la nostra umanità, che può e deve essere una testimonianza di pensiero e nuova civiltà.
Prof. Leonardo Di Nunno
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