Marcinelle
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Palazzo di città

Giornata Nazionale del Sacrificio del Lavoro italiano nel mondo

Il pensiero del sindaco Ernesto La Salvia

Ricorre oggi il sessantesimo anniversario della tragedia di Marcinelle, dove nel 1956 morirono 262 minatori, 136 dei quali erano italiani, a seguito di uno scoppio nella miniera di carbone del "Bois du Cazier" nel sobborgo operaio di Charleroi in Belgio. Dal 2001 l'8 agosto si celebra la "Giornata Nazionale del Sacrificio del Lavoro italiano nel mondo", istituita per valorizzare il contributo sociale, culturale ed economico dei lavoratori italiani all'estero, emigrati alla ricerca di una vita migliore e scomparsi tragicamente a causa di incidenti occorsi sui luoghi di lavoro. La Città di Canosa di Puglia(BT) ha aderito favorevolmente alla richiesta della Prefettura di Barletta Andria Trani di ricordare il sacrificio degli italiani. "È necessario che si prenda coscienza del fenomeno che si è riversato soprattutto sul Sud – ha infatti dichiarato il sindaco Ernesto La Salvia -: la questione meridionale con i molteplici interessi, tutti accomunati da una finta e perbenista volontà di dare riscatto ad un Meridione d'Italia che era stato faro d'Europa fino al saccheggio sabaudo".

"L'emigrazione di un consistente numero di nostri conterranei – ha aggiunto il primo cittadinodalla Basilicata, dalla Calabria, dalla Puglia stessa, consentì di ottenere dal Governo di Crispi un contributo per ogni contadino che in Belgio si trasformava in minatore. In fondo, cento anni dopo, senza un analogo contributo, la ricchezza del Nord è stata l'emigrazione interna per la grandezza dei grossi impianti industriali (si pensi alla Fiat). Non è cambiata, in buona sostanza, la consapevolezza che il serbatoio di manovalanza continua a essere il Sud, dove l'assistenzialismo ha preso il posto dell'efficienza dei servizi e di ciò che, ancora oggi, lo Stato non ci garantisce. L'alta velocità, le infrastrutture e la sanità, da centocinquant'anni risultano essere quantitativamente e qualitativamente inferiori nelle regioni meridionali rispetto agli altri territori. Non si abitui il popolo di questa terra ad accettare compromessi pur di lavorare a casa propria: sembra quasi un fatto genetico essere sudditi delle situazioni contingenti, talvolta restrittive sia dal punto di vista economico che della difesa dei diritti. Sembriamo rassegnati al detto "meglio feriti che morti": nulla sembra essere cambiato dai tempi delle massicce migrazioni. Ciò che resta al Sud è la voglia di lavorare e di conservare le risorse intellettuali per lo sviluppo dei nostri territori".
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