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Dossier "Regioni imbottigliate", Legambiente boccia la Puglia

Canone basato solo sulla superficie concessa e non sui metri cubi di acqua emunta


L'acqua in bottiglia non conosce crisi. Nel 2012 i consumi sono addirittura cresciuti rispetto all'anno precedente, passando a 192 litri d'acqua minerale per abitante. Più di una bottiglietta da mezzo litro al giorno a testa - nell'80% dei casi di plastica - che conferma ilprimato europeo del nostro Paese: 12,4 miliardi di litri imbottigliati, per un giro d'affari da 2,3 miliardi di euro in mano a 156 società e 296 diversi marchi. Un'attività che ha un grande impatto ambientale. Per soddisfare l'incomprensibile sete di acqua minerale degli italiani vengono infatti utilizzate oltre 6 miliardi di bottiglie di plastica da 1,5 litri, per un totale di più di 450 mila tonnellate di petrolio utilizzate e oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2 emesse. Impatti importanti che garantiscono elevatissimi profitti esclusivamente alle società che gestiscono questo business, agevolate da canoni a macchia di leopardo e sempre estremamente vantaggiosi.

È questo il quadro che emerge da "Regioni Imbottigliate", l'indagine annuale di Legambiente e Altreconomia sui canoni di imbottigliamento dell'acqua. All'industria delle acque minerali, in quasi tutte le Regioni italiane, vengono richiesti importi ridicoli, a volte addirittura stabiliti senza prendere in considerazione i volumi emunti o imbottigliati. Una vera e propria regalia di un bene pubblico che appartiene a tutti i cittadini.

"Ancora una volta il dossier "Regioni Imbottigliate" di Legambiente e Altreconomia boccia la Regione Puglia perché continua a far pagare le società che imbottigliano l'acqua in funzione degli ettari dati in concessione e non sulla base dei metri cubi di acqua emunta o imbottigliata, con un ritorno economico assolutamente irrisorio, nonostante la risorsa alla base del profitto sia un bene comune che appartiene alla collettività - ha sottolineato Francesco Tarantini, Presidente Legambiente Puglia - Se, invece, si applicasse un canone minimo nazionale pari ad almeno 20 euro al metro cubo imbottigliato, ovvero 0,02 euro al litro imbottigliato (un ordine di grandezza minore rispetto al prezzo medio di vendita che si aggira intorno ai 20 centesimi al litro), si arriverebbe ad avere degli introiti molto maggiori. La Regione Puglia potrebbe impiegare tali risorse per le politiche di tutela e gestione della risorsa idrica e per lo stesso miglioramento del Servizio Idrico Integrato ma anche per migliorare la distribuzione dell'acqua potabile nelle nostre case".

Sono poche le novità rispetto agli altri anni. In Puglia, dove lo scorso febbraio si è rivista la normativa adottando una delibera di Giunta, non si è comunque adeguato il canone a quelli che sono i criteri dettati nel 2006 dalla Conferenza Stato-Regioni che proponeva canoni uniformi e l'obbligo di pagare sia in funzione degli ettari in concessione sia per i volumi, indicando come cifre di riferimento almeno 30 euro per ettaro e un importo tra 1 e 2,5 euro per m3 imbottigliato. Nella nostra regione si continua a pagare solo in funzione degli ettari dati in concessione e non dei volumi prelevati per l'imbottigliamento che nel 2012 sono stati pari a 71.529 m³ (1000l) d'acqua. Infatti gli introiti stimati sul canone attuale per il volume imbottigliato è pari a zero mentre se si calcolasse applicando un canone di 20€/m³ imbottigliato ammonterebbe a 1.430.580 di euro.

La Puglia non eccelle anche per numero di stabilimenti imbottigliatori: è fanalino di coda, insieme alla Valle d'Aosta, con 3 stabilimenti di imbottigliamento e 4 marche di acque confezionate. Legambiente ed Altreconomia hanno inoltre calcolato che l'acqua in bottiglia viene mediamente venduta a un prezzo di 0,26€ al litro, mentre alle Regioni le aziende imbottigliatrici pagano in media 2 € ogni 1000 litri, ovvero due millesimi di euro per litro imbottigliato, con ampi margini di guadagno. Quello che gli italiani vanno a pagare, infatti, è rappresentato per più del 90% dai costi della bottiglia, dei trasporti e della pubblicità, unito ovviamente all'enorme guadagno dell'azienda in questione, e solo per l'1% dall'effettivo costo dell'acqua.
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