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Calcio e cooperazione giocano nella stessa squadra

Dal Meeting di Rimini, le testimonianze dei grandi campioni

Al Meeting di Rimini per l'incontro "#inostrigoal. Calcio e cooperazione giocano nella stessa squadra" è stata presentata una squadra che non ha come obiettivo una "coppa", ma la crescita della persona, non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche in Italia. L'iniziativa è nata grazie all'intuizione di Luca Rossettini, all'entusiasmo dell'ugandese Rose e alla grande disponibilità dell'AIC nelle persone di Damiano Tommasi e Simone Perrotta, ed è capitanata da Emanuela Claudia Del Re, viceministra agli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. L'incontro, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l'Associazione Italiana Calciatori e di Sky Sport, è stato aperto da un saluto dell'ex calciatore Juventus e Nazionale Italiana e commentatore Sky Sport Alex Del Piero, che ha ripreso alcune sottolineature di Papa Francesco sui valori e gli obiettivi dello sport, quali resistenza, spirito di squadra, fratellanza.

Introducendo il dibattito, il direttore Sky Sport Federico Ferri ha chiesto come lo sport e il calcio possano contribuire alla ripresa nel mondo post Covid. Gli esempi proposti hanno illustrato i frutti della sinergia di Cooperazione Internazionale allo sviluppo, Associazione Italiana Calciatori e AVSI. L'esperienza avviata in Uganda e concretizzata in Giordania ha saputo coniugare la solidarietà col calcio, che, ha sottolineato la viceministra, «è un linguaggio universale interiorizzato che accomuna persone diverse, ed è per questo una assoluta risorsa per la cooperazione allo sviluppo, data l'incidenza che i vari personaggi hanno a livello mondiale sull'opinione pubblica . L'obiettivo, cioè il "goal" da segnare, ha proseguito, «è perseguire una istruzione di qualità nei paesi in via di sviluppo». Fondamentale, secondo Del Piero e Tommasi, è la responsabilità che i calciatori devono assumere nello svolgimento del loro ruolo pubblico. Tommasi si è detto consapevole che questa esperienza di collaborazione dei calciatori «non distruggerà lo stereotipo del giocatore ricco, giovane e bello, ma rappresenta l'inizio di un cambiamento di mentalità». Esso può diventare contagioso, perché racconta di una esperienza che non persegue, come purtroppo accade, finalità economiche (la ricerca del talento da sfruttare), ma ha a cuore, come ha sottolineato Giampaolo Silvestri, segretario generale Fondazione AVSI, il recupero del valore della singola persona. In Giordania l'esperienza di questa "squadra" ha dimostrato che l'Italia in questa proposta formativa è un modello a livello internazionale, perché è lo specchio della società italiana.

Sara Gama, capitano della Nazionale di calcio femminile, ha sottolineato l'importanza di un altro obiettivo, il superamento dello stereotipo che il calcio sia solo per i maschi. Perrotta, responsabile formativo del settore giovanile per l'AIC, ha invece affrontato un tema di viva attualità sotto l'aspetto educativo delle giovani generazioni, che la scuola calcio da lui diretta vuole perseguire: lo sport, nel caso il calcio, come palestra di vita, per cui quello che avviene in campo non resta chiuso nel rettangolo di gioco, ma si comunica e si trasmette nella vita. L'AIC onlus da lui diretta, attraverso le scuole calcio, forma 15mila bambini, sostenendo la formazione di tecnici qualificati, molti dei quali ex calciatori che hanno risposto al suo invito e dove il "goal" da segnare è un cambio di mentalità: non più la ricerca spasmodica del talento con i genitori che sperano di avere un ritorno dal loro impegno, ma comprendere che il vero valore formativo per il giovane è «restare attaccato ad uno spogliatoio anche in terza categoria, perché ciò consente di rimanere in rapporto con un gruppo di persone che contribuiscono alla tua crescita».
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