il coniglio della Festa di San Sabino-  Scescelèdde - gelso
il coniglio della Festa di San Sabino- Scescelèdde - gelso
Vita di città

Altri 3 PAT di Canosa: il coniglio della Festa di San Sabino, le “Scescelèdde” e il gelso

Fondamentale, anche questa volta, l'impegno della consigliera comunale Antonia Sinesi

A pochi giorni dal riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimonio UNESCO, con atto dirigenziale n. 00520 del 16/12/2025, la Regione Puglia ha ufficialmente iscritto nell'elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) ulteriori tre ricchezze enogastronomiche del territorio di Canosa di Puglia : il coniglio della Festa di San Sabino, le "Scescelèdde" e il gelso. Un autentico tuffo nel passato per quelli che sono prodotti simbolo della tradizione culinaria di tutta la comunità locale. Fondamentale, anche questa volta, l'impegno della consigliera comunale Antonia Sinesi, che attraverso un lungo e complesso lavoro di studio e ricerca, è riuscita nell'intento di "riconsegnare" alla comunità tre prodotti che hanno accompagnato intere generazioni durante il proprio percorso di vita, evocando aneddoti unici in uno storytelling dei ricordi, il fil rouge di storie, tradizioni e ricette tramandate di madre in figlia. Il coniglio della Festa di San Sabino, le "Scescelèdde" e il gelso si vanno ad aggiungere alla sfogliatella, al pane a prosciutto, agli strascinati di grano arso, alla percoca di Loconia, all'olio extravergine di oliva cultivar coratina, "li mbriachidde", la mostarda di uva di Troia e il vitigno "Terrizuolo", per un totale di 11 PAT iscritti.

«Il percorso di riappropriazione dei nostri prodotti continua - spiega la consigliera comunale Antonia Sinesi. - Quanto raggiunto in questi anni mi inorgoglisce e premia tutti gli sforzi compiuti affinché Canosa potesse riaffermarsi anche da questo punto di vista. Non è stato facile, ma grazie anche al prezioso aiuto del Cavaliere Bartolo Carbone, che ringrazio per la professionalità dimostrata, siamo riusciti a portare a casa un altro ottimo risultato». Mentre, l'Assessore alla Cultura Cristina Saccinto evidenzia: «Il paniere delle eccellenze agroalimentari tradizionali si arricchisce ancora di più. Non posso, dunque, che esprimere tutta la mia soddisfazione per il risultato raggiunto, poiché così si contribuisce a rafforzare l'identità storica e culturale della nostra città, insistendo su un percorso importante ai fini della valorizzazione della nostra identità culturale. L'Amministrazione Comunale sta lavorando con forza e convinzione a tutelare e custodire la propria forza identitaria».

La storia narra che, durante la Festa Patronale di San Sabino, "odorava di coniglio e patate dal forno di strada". Molti anni addietro, nei giorni della festa, l'odore del coniglio e delle patate si avvertiva anche a occhi chiusi. Bastava aprire una finestra o scendere in strada, il profumo di coniglio al forno con le patate ti guidava come una carezza del palato. Era una tradizione semplice delle nostre madri, nata negli atri delle case contadine, un rito di famiglia e di paese, molto sentito e partecipato. Nei giorni della festa, ogni famiglia preparava il tegame: coniglio e patate tagliate a mano, condite con aglio, pomodorino, pecorino e olio extravergine di oliva. Il coniglio non si comprava al mercato, lo si allevava nel "sito", quel piccolo angolo di terra accanto alle case, e lo si conservava gelosamente per le occasioni speciali. La carne non era un piatto ricorrente, si desiderava e si preparava per la festa a tavola di San Sabino.

Le "Scescelèdde" sono prodotti dolciari semplici ma gustosi. Vengono preparati con farina 00 e acqua, impastati e ricavati in palline, stelline, quadrotti o tarallini, successivamente immersi e lasciati cuocere per qualche minuto nel vincotto. Nelle cucine rurali di Canosa di Puglia, le "Scescelèdde" erano più di un semplice dolce: erano segni di quotidianità e festa popolare. Dolcetti che univano tradizione e creatività, preparati per condividere momenti conviviali a base di prelibatezze locali. Il profumo del vincotto che bolliva evocava vendemmie e mani laboriose, trasformando ogni assaggio in un frammento di familiarità di casa. Anche se appaiono in pochissimi ricettari, le "Scescelèdde" appartengono alla memoria collettiva: un dolcetto poco conosciuto, che rievoca povertà, ingegno, affetti familiari, legame con il territorio e le sue peculiarità enogastronomiche.

L'albero del gelso, coltivato nell'agro di Canosa di Puglia fino a raggiungere i 20 metri di altezza, produce frutti chiamati "more di gelso", che maturano da maggio ad agosto. Presentano un gusto delicato, pur essendo molto zuccherini e succosi. I frutti si caratterizzano per una forma leggermente più allungata rispetto alle more di rovo. Gli alberi di gelso sono un vanto, un orgoglio, un patrimonio agro-alimentare, una fonte di bellezza per la città di Canosa di Puglia, per il loro valore storico, identitario, naturalistico e di biodiversità. Oltre alle tradizioni agricole e popolari di cogliere direttamente i frutti dagli alberi nel periodo di tarda primavera ed estate, si riscontra l'esistenza di tre esemplari storici di gelso all'interno dei siti archeologici del Battistero di San Giovanni e di Bagnoli, nei pressi del fiume Ofanto, unicum nel loro genere, che testimoniano la coltivazione antica e permanente di questi alberi nel territorio di Canosa di Puglia, dove l'agricoltura ha un ruolo chiave per l'economia e la tutela dell'ambiente.
  • Antonia Sinesi
  • PAT
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  • Comune di Canosa
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