Desolata Canosa
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Storia e dintorni

Sabato Santo: giorno antico e sempre nuovo

Il programma della Processione della Desolata

Il grande sabato, il giorno più lungo, il giorno "frammezzo", perché si trova tra la morte e risurrezione di Cristo… giorno di silenziosa memoria, il giorno più al "femminile, perché è giorno di attesa della Festa… Ci sono tante definizioni per identificare il Sabato Santo che la liturgia celebra nella Settimana grande e nel Triduo Pasquale come secondo giorno del Triduo chiamato "giorno di Pasqua di Sepoltura". Secondo la storia della Liturgia è un giorno "relativamente giovane", che ha appena 60 anni di esistenza. Sì, perché la riforma liturgica legata al Concilio Vaticano II, ne ha dato piena dignità e solennità. Si trova al centro e al cuore della nostra fede. È il tempo denso di sofferenza, di speranza e soprattutto dell'attesa nel silenzio.È in questo sabato che sta tra il dolore della Croce e la gioia di Pasqua, che i discepoli sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta, la disperazione dovuta all'assenza del Maestro, apparso come il prigioniero della morte. È in questo sabato santo che Maria veglia nell'attesa, custodendo la certezza nella promessa di Dio e la speranza nella potenza che risuscita i morti.

A Canosa di Puglia(BT), il Sabato santo è intensamente "mariano", per storia, per tradizione e per pietà popolare. Dal sabato santo del 1881 esce dalla Chiesa "S. Francesco" la Madonna Desolata. Questa tradizione ha avuto nella storia solo una sospensione, una parentesi. Il bombardamento del 6 novembre 1946 provocò la quasi distruzione della chiesa comunale "S. Francesco" e dell'oratorio della confraternita di S. Biagio. La sua ricostruzione avvenne in un'unica chiesa, l'attuale Chiesa "SS. Francesco e Biagio". Negli anni cinquanta del secolo scorso anche il complesso statuario della Desolata ebbe una trasformazione da statua vestita passò a statua interamente in cartapesta, così come il restauro ce la fa vedere oggi. Il simulacro rappresenta la desolazione della Vergine nel momento in cui il Figlio viene deposto sulla croce e dopo averlo preso in braccio (vedi la Pietà), viene deposto in un sepolcro nuovo, come raccontano i Vangeli. Quindi noi tutti vediamo lo stato d'animo della Madre di Dio che non è più addolorato, ma è desolato. Umanamente parlando Maria ha vissuto quegli stati d'animo tipici che avvengono dopo la morte di un nostro caro congiunto e soprattutto dopo la sua sepoltura, si tenta di ritornare alla normalità. Si ritorna negli stessi luoghi che il caro defunto ha frequentato, si toccano gli indumenti indossati, nel tentativo di farlo ritornare in vita. si guardano le fotografie e la memoria si fa viva nella condivisione dei momenti intensi vissuti con la persona che non c'è più. C'è anche la compagnia dei più intimi della famiglia, ma quando vanno via si sente la "mancanza", si percepisce il vuoto di un'assenza. Di questo tono sono le pubblicazioni ritrovate riguardanti le sette desolazioni della Vergine. In particolare: "Meditazioni sopra i dolori e le allegrezze della SS.ma Vergine nella passione e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo" scritte da due sacerdoti facenti parte dell'arcipretura di S. Marco in Lamis, don Pasquale Bevilacqua e padre Gabriele Moscarella, datato 1857. Attraverso le sette desolazioni, gli autori invitano i fedeli a ripercorrere col cuore e la mente gli stati d'animo della Vergine desolata dal momento in cui il corpo di Cristo nel sepolcro e il ritorno a Gerusalemme nella casa di Giovanni, l'apostolo, ripercorrendo la via del Calvario. In questo sofferto cammino, Maria riconsidera e medita la "Via Crucis" del Figlio, raccoglie i segni della passione: i chiodi, le funi della flagellazione, la corona di spine ed altri oggetti. Il suo stato d'animo è sì sofferente, ma meditando sulle parole del Figlio, da autentica discepola, comincia a sperare in Dio, che può cambiare la morte in vita. Ecco il motivo per cui nella prima parte della processione, cosiddetta degli "angioletti", le fanciulle sono vestite semplicemente con un camice di vari colori, come sono le ali dell'angelo della Risurrezione che è sulla Vergine. Gli angioletti portano in mano i segni della passione e i cartigli con alcuni brevi riferimenti biblici. Gli strumenti della passione nella prima "edizione" del complesso statuario erano ai piedi del sepolcro. Con la statua degli anni cinquanta i bambini sono testimoni semplici e puri della Passione del Cristo, così come coloro che portano i cartigli, sono tutti strumenti affinchè noi tutti interpretassimo il sacrificio che Cristo ha compiuto nei nostri riguardi: "ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica" (dall'annuncio pasquale nella Veglia pasquale). Il fedele che assiste alla processione è invitato dalla parola del vangelo e dalle immagini imita Maria nel suo atteggiamento tipico: "Maria, da parte sua, custodiva queste cose" (Lc. 2,19). Durante la processione il fedele deve essere attratto non dalla semplicità delle fanciulle, ma da ciò che le stesse comunicano. Sono al servizio del messaggio che la processione da a tutti.

Un'altra componente della processione è senza dubbio, il coro delle ragazze che cantano l'inno alla Desolata, che nasce con un dono particolare di un devoto sconosciuto che regalò 41 velette nere. Da più parti sono giunte testimonianze e consensi di apprezzamento per il Coro della Desolata che contraddistingue la processione del Sabato Santo, composto da centinaia di donne, devote e non professioniste del canto, cu­stodi di un patrimonio popolare, dove ognuna è sempre concentrata sulla relazione della propria voce con le altre e la musica della banda e si sente parte di un gruppo compatto che crea armonia, bellezza e suggestione. Perché ci sia tutto questo c'è bisogno di preparazione non solo tecnica, ma soprattutto spirituale, necessario per immedesimarsi nella desolazione e nel dolore di Maria ed essere credibilmente "la voce" della Madonna che "…e' senza respiro e voce". Negli ultimi mesi è stato approntato e messo in atto un programma tecnico-formativo fondamentale per preparare al meglio l'Inno alla Desolata che ha già una sua difficoltà intrinseca, aumentata dal doverlo eseguire in processione, camminando-cantando, in condizioni climatiche non sempre favorevoli, oltre a tenere addosso la veletta e a dover superare anche le 'insidie' lungo il tragitto processionale. La preparazione e il percorso di fede, con "l' impegno" di partecipare a tutte le prove, anche per evitare gli inserimenti 'last minute' nel coro la mattina del sabato santo, come spesso accaduto nel passato, limitando la partecipazione al giorno della processione, sentendosi erroneamente legittimate a discapito della coralità, frutto di un intensa e sentita attività di fede e di preparazione al canto devozionale. Si ha, comunque, la possibilità di esprimere la propria devozione partecipando alla processione del Sabato Santo in cui la comunità pregando e cantando si ritrova intorno alla propria cultura religiosa e culturale. Perché la processione non scada in folclore o semplice rappresentazione teatrale, tutte le componenti la processione devono assumere un equilibrio: una componente non può essere più importante dell'altra, tutte assumono un significato e un valore solo in relazione alla Madonna. Tutti sono al servizio del dolore e della Speranza che infonde la Vergine attraverso la voce del coro, la spontaneità e la purezza dei bambini, il sacrificio dei portatori, della musica della banda.

È significativo anche il percorso della processione. Da quest'anno ci sono tre momenti importanti: in tre luoghi significativi del paese il simulacro della desolata si ferma e il coro canta l'inno. Sono dei richiami per tutto il popolo a radunarsi e unirsi in un' unica invocazione alla Vergine desolata perché indichi a tutti noi una luce di speranza nella confusione e nella notte del dubbio. Nel sabato Santo, giorno di silenziosa attesa, quindi giorno "al femminile" e quindi altamente "mariano", noi tutti siamo invitati ad entrare dentro la morte per scoprire il profondo significato. Bisogna andare in profondità, come Cristo è disceso agli inferi, ricordando l'autore ignoto nella liturgia del sabato santo. Ci chiede questo sabato santo di accogliere il buio che avvolge l'enigma, che a poco a poco, grazie alla forza dello Spirito di Dio operante in noi, può trasformarsi in mistero. Sì, dall'enigma disperante al mistero che rivela il senso di tutte le cose e di tutti gli eventi! Non si può vivere il sabato santo senza accettare la «crisi della parola», l'esperienza che le parole non sono sufficienti e a volte devono lasciare il posto al silenzio, al «non saper dire».

Lo scandalo della croce getta un'ombra, e in quest'ombra dobbiamo imparare a stare. «È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore» canta il profeta nelle Lamentazioni per la morte del Messia (3,26). Ma se è vero che questo silenzio e questa attesa ci stringono il cuore, nelle profondità del cuore stesso continuiamo però a credere che Gesù Cristo è sempre operante e che proprio quando non vediamo nulla e constatiamo solo che « recessit Pastor noster » – «se n'è andato il nostro Pastore» –, proprio allora lui, il Signore dei vivi e dei morti, è sceso negli inferi, nelle profondità irredente dell'uomo, a portare quella salvezza che noi non possiamo darci. In quel sabato santo Cristo è sceso per incontrare tutti gli umani già morti, ma ancora oggi scende nelle nostre profondità non evangelizzate, abitate dalle nostre ombre e dalla morte, per operare ciò che noi non possiamo operare.
Don Carmine Catalano- Parrocchia SS.Francesco e Biagio
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