
Religioni
Nel solco di don Beppe Diana e del piccolo Rocco
Due storie diverse, due persone le cui vite vanno raccontate
Canosa - mercoledì 27 marzo 2019
19.39
"Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv. 12,24). Più volte in questi giorni mi è venuto in mente questo versetto dell'evangelista Giovanni, probabilmente perché suscitato in me da due eventi: il venticinquesimo anniversario della morte di don Peppino Diana e di un ragazzo diversamente abile del "Gruppo Amici", un'associazione di volontariato della mia parrocchia. Don Diana, il prete ammazzato a Casal di Principe dalla camorra, era un mio amico di seminario a Posillipo, dove abbiamo studiato con altri compagni della Diocesi di Andria. Era una persona mite, allegra, piena di vita, che davanti alla tracotanza e alla crudeltà della malavita organizzata, non ha abbassato la testa, né ha intimidito la voce, ma ha continuato a denunciare con cosciente determinazione l'illegalità diffusa e il clima di omertà che la camorra spavaldamente imponeva, pretendeva e diffondeva. Fu ucciso mentre si stava preparando per celebrare la Santa Messa, prima di offrire a Dio, nostro Padre, il sacrificio a Lui "gradito", quello di Gesù Cristo sulla croce, che redime l'umanità. Un testimone di quell'assassinio racconta che fu sorpreso nel trovare il corpo esanime in una chiesa completamente vuota. Quel giorno don Diana unì l'olocausto della sua vita al sacrificio di Cristo; come Gesù, egli cadeva in terra e moriva affidando la propria vita ad altri che non l'avrebbero lasciata disperdere nell'indifferenza e nella paura, perché nessuno potesse perdersi nell'angoscia della solitudine, nella fiduciosa speranza che dal male inflittogli sarebbero germogliate vite migliori: proprio come il chicco di grano che, accolto nel grembo materno della terra, attende il tempo giusto per germogliare e farsi spiga! Dalla morte di don Diana è maturata una comunità che ha recuperato la dignità, la consapevolezza, la corresponsabilità che prima sembravano definitivamente assopite. Quel sangue innocente segnava un nuovo percorso per Casal di Principe e per buona parte degli abitanti dell'hinterland napoletano, sollecitava una nuova coscienza civica. Veramente, il "chicco di grano caduto" non era più solo e cominciava a dare meravigliosi frutti di onestà e legalità. Forse nessuno avrebbe potuto immaginare quanto è accaduto il 14 marzo scorso, venticinquesimo anniversario della sua morte: una città intera, insieme ad altri uomini e donne provenienti da ogni parte d'Italia, manifestavano pubblicamente per affermare il principio e il diritto alla legalità in ricordo del martirio di don Peppino. Sfilavano tra due ali di balconi pavesati da striscioni su cui erano stampati il volto e il nome di don Diana e trasmettevano la gioia e la fermezza che possono derivare dalla solidarietà e dalla condivisione del bene comune, segni tangibili di una vera rinascita: il chicco di grano non era "morto" invano!
Sicuramente, Rocco non è altrettanto famoso, come è ormai diventato il sacerdote ucciso dalla camorra, ma è bella la sua breve storia di vita. Anche lui, morendo, ha fatto riscoprire a tutti noi che l'abbiamo conosciuto e amato, l'immenso valore della vita, di ogni vita, e del bene che può generare. Rocco era un ragazzo di 17 anni, ammalato sin da quando era piccolissimo e costretto a vivere su una sedia a rotelle, circondato da un immenso amore da parte di tutta la sua famiglia. Tante volte, davanti a persone segnate dalla sofferenza di qualche malattia a cui la scienza non ha ancora trovato valido rimedio, soprattutto se bambini, si scatenano nella nostra mente tanti perché che ci agitano perchè non trovano risposta e spiegazione: perché il dolore; quale senso ha la vita di una persona, mai o non più autosufficiente; perché Dio, se è misericordioso, permette queste situazioni? L'unica risposta, se così è possibile definirla, ci arrivò il giorno del funerale. La chiesa era gremita di gente che con grande difficoltà riusciva a trattenere le lacrime e si stringeva attorno alla famiglia. Qualche giorno fa è stato celebrato il trigesimo della morte di Rocco; anche in quella occasione la chiesa era incredibilmente affollata, quasi come il giorno del funerale, cosa che non avviene di frequente, anche per persone note o importanti. Mi sono detto: ecco i "molti frutti" che ha generato la morte di Rocco! La sua fragile vita, il "chicco di grano", morto e caduto sulla terra, al quale nessuno dà importanza, ha prodotto un'abbondanza di bene, di amore e solidarietà! "La longevità non si misura dal numero degli anni" (Sap. 4,8), ci ricorda la Sacra Scrittura, né l'importanza di una persona si misura dalla sua efficienza, ma dall'amore e dal bene che genera. Sicuramente, la vita di Rocco, nella sua semplicità e fragilità, ha suscitato una straordinaria fragranza di amore per la vita. Due storie diverse, due persone le cui vite, come altre dello stesso spessore che possono essere raccontate, si sono dipanate con tempi ed esperienze imparagonabili, se non nel "miracolo" che ogni essere umano riesce ad operare nel consegnare al cuore del prossimo il bene per cui siamo nati e in cui "moriamo" per rinascere con Cristo risorto. E' questa la nostra risposta! La Pasqua che ci prepariamo a celebrare non sia semplicemente il ricordo di un fatto storicamente ormai lontano, ma la rinnovata conferma di una scelta di Amore che continua a generare abbondanti e generosi frutti di bene nella nostra vita.
Don Felice Bacco
Sicuramente, Rocco non è altrettanto famoso, come è ormai diventato il sacerdote ucciso dalla camorra, ma è bella la sua breve storia di vita. Anche lui, morendo, ha fatto riscoprire a tutti noi che l'abbiamo conosciuto e amato, l'immenso valore della vita, di ogni vita, e del bene che può generare. Rocco era un ragazzo di 17 anni, ammalato sin da quando era piccolissimo e costretto a vivere su una sedia a rotelle, circondato da un immenso amore da parte di tutta la sua famiglia. Tante volte, davanti a persone segnate dalla sofferenza di qualche malattia a cui la scienza non ha ancora trovato valido rimedio, soprattutto se bambini, si scatenano nella nostra mente tanti perché che ci agitano perchè non trovano risposta e spiegazione: perché il dolore; quale senso ha la vita di una persona, mai o non più autosufficiente; perché Dio, se è misericordioso, permette queste situazioni? L'unica risposta, se così è possibile definirla, ci arrivò il giorno del funerale. La chiesa era gremita di gente che con grande difficoltà riusciva a trattenere le lacrime e si stringeva attorno alla famiglia. Qualche giorno fa è stato celebrato il trigesimo della morte di Rocco; anche in quella occasione la chiesa era incredibilmente affollata, quasi come il giorno del funerale, cosa che non avviene di frequente, anche per persone note o importanti. Mi sono detto: ecco i "molti frutti" che ha generato la morte di Rocco! La sua fragile vita, il "chicco di grano", morto e caduto sulla terra, al quale nessuno dà importanza, ha prodotto un'abbondanza di bene, di amore e solidarietà! "La longevità non si misura dal numero degli anni" (Sap. 4,8), ci ricorda la Sacra Scrittura, né l'importanza di una persona si misura dalla sua efficienza, ma dall'amore e dal bene che genera. Sicuramente, la vita di Rocco, nella sua semplicità e fragilità, ha suscitato una straordinaria fragranza di amore per la vita. Due storie diverse, due persone le cui vite, come altre dello stesso spessore che possono essere raccontate, si sono dipanate con tempi ed esperienze imparagonabili, se non nel "miracolo" che ogni essere umano riesce ad operare nel consegnare al cuore del prossimo il bene per cui siamo nati e in cui "moriamo" per rinascere con Cristo risorto. E' questa la nostra risposta! La Pasqua che ci prepariamo a celebrare non sia semplicemente il ricordo di un fatto storicamente ormai lontano, ma la rinnovata conferma di una scelta di Amore che continua a generare abbondanti e generosi frutti di bene nella nostra vita.
Don Felice Bacco