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In agricoltura la tecnologia corre, ma la sicurezza resta indietro

UNCAI: “Ogni anno cento morti evitabili. Servono formazione, revisione e consapevolezza del rischio, non altri rinvii”

C'è una strage che non fa rumore. Avviene lontano dalle prime pagine e dai numeri dell'industria, tra le colline e le pianure dove l'Italia coltiva il suo cibo. Cento, centocinquanta morti l'anno, quasi sempre la stessa dinamica: un trattore che si ribalta, un mezzo troppo vecchio, senza protezioni, e un lavoratore che non torna a casa. Di questo dramma si parla di rado. Le occasioni per alzare lo sguardo e affrontare davvero il problema sono poche. Una di queste sono gli Stati Generali sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, organizzati in Parlamento dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro: un momento raro di attenzione istituzionale. Secondo i dati INAIL, tra il 2015 e il 2019 si sono verificati 788 incidenti mortali in agricoltura, una media di 158 all'anno. Nel quinquennio successivo, 2019-2023, i decessi sono scesi leggermente a 740, cioè 145 ogni anno. Una riduzione minima, che non cambia la sostanza del problema: in agricoltura l'incidenza degli incidenti mortali è doppia rispetto alla media nazionale. La causa principale resta il ribaltamento del trattore, dovuto a pendenze eccessive, sovraccarichi, guasti ai freni o errori di manovra. A volte la fretta è una spada di Damocle, e in assenza di protezioni, l'esito è quasi sempre fatale. Eppure le soluzioni tecniche esistono da decenni: i ROPS (Roll-Over Protective Structure), cioè telai o cabine che creano un "volume di sicurezza" attorno all'operatore, e le cinture di sicurezza, che impediscono di essere sbalzati fuori in caso di incidente. Entrambi sono obbligatori per i mezzi nuovi e anche per quelli già in servizio. Tuttavia, nel Paese circolano ancora circa 600 mila trattori privi di ROPS e oltre un milione senza cinture di sicurezza.

Il decreto del 2015 che avrebbe dovuto introdurre la revisione obbligatoria dei mezzi agricoli è rimasto inapplicato, in attesa del decreto attuativo. Una paralisi normativa che costa vite. "È inaccettabile che mentre si discute di intelligenza artificiale in agricoltura, ci siano ancora trattori che lavorano senza rollbar. Non servono nuove leggi, servono decisioni – afferma Aproniano Tassinari, presidente di UNCAI –. La revisione non è un aggravio burocratico ma una misura di civiltà. In Germania, da quando l'installazione dei ROPS è diventata obbligatoria nel 1969, i decessi per capovolgimento sono passati da 181 a circa dieci l'anno. Da noi, invece, la norma è ferma ai protocolli". Dietro le cifre ci sono persone. Persone che ogni giorno affrontano terreni in pendenza, mezzi sovraccarichi, ore di lavoro lunghe e spesso solitarie. "La solitudine del lavoro agricolo non è solo un dato psicologico – aggiunge Roberto Scozzoli, direttore tecnico di UNCAI –. È anche una condizione che aumenta il rischio. Molti incidenti avvengono perché l'operatore è solo, non può chiedere aiuto, non ha strumenti di prevenzione né formazione adeguata. La sicurezza non è solo un rollbar montato: è la consapevolezza del rischio, la manutenzione costante dei mezzi, la capacità di valutare il terreno e le condizioni di lavoro". Le ricerche mostrano un quadro preoccupante anche sul piano umano: il disagio psicologico tra gli agricoltori e gli agromeccanici è più alto che in qualsiasi altro settore produttivo. In alcuni Paesi europei esistono programmi di supporto e formazione dedicati, in Italia no. "Il disagio, l'ansia e la percezione di abbandono pesano anche sulla lucidità con cui si affrontano i rischi quotidiani. – Continua Scozzoli –. È un circolo vizioso che solo la formazione può spezzare: un'agricoltura che non investe in sicurezza investe, suo malgrado, in tragedie annunciate".

Oggi la prevenzione passa attraverso tre parole: formazione, revisione e responsabilità condivisa. UNCAI chiede che la sicurezza diventi parte integrante delle politiche agricole: revisione, incentivi per l'adeguamento dei trattori, loro rottamazione, corsi di formazione mirati per agricoltori e contoterzisti e campagne che parlino la lingua della concretezza. "Gli agromeccanici – conclude Tassinari sono già parte della soluzione. Conoscono i macchinari, sanno valutare i rischi e possono essere il primo presidio di sicurezza nei territori. Ma serve un quadro normativo attuato e coerente. Ogni rinvio significa altre vittime, e non possiamo più permettercelo." In agricoltura la tecnologia corre, ma la sicurezza resta indietro. E finché la manutenzione dei mezzi non diventerà una priorità reale, l'innovazione non potrà dirsi davvero al servizio di chi lavora la terra.
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