
Storia
Sabino, il primo santo pugliese. Da Canosa all’Oriente, per l’unità della Chiesa
A Bari un incontro sulle “Ossa di San Sabino tra storia e reliquie”
Canosa - mercoledì 4 giugno 2025
11.42 Comunicato Stampa
E' di queste ore la notizia che il primo incontro dei "Mercoledì con la storia di Bari", alle ore 19,00 del 4 giugno, si terrà presso la Terrazza del Carmine nel capoluogo pugliese. All'esordio della III Edizione della rassegna culturale interverranno Sergio Chiaffarata Jannelli e Paolo Fioretti che focalizzeranno l'attenzione sulle "Ossa di San Sabino tra storia e reliquie." L'argomento è stato trattato ampiamente nel libro "Sabino, il primo santo pugliese. Da Canosa all'Oriente, per l'unità della Chiesa" - Editrice Rodas - a cura di Felice Bacco, Pasquale Ieva e Sandro Sardella. Nel testo si analizzano documenti inoppugnabili che dimostrano:
1) che la presunta traslazione è in realtà un falso storico legato alla diatriba di Bari con Canosa, finalizzata ad affermare ad ogni costo che è ormai Bari la Diocesi Primaziale;
2) che nella diatriba tra la già esistente cattedrale e la nuova basilica di San Nicola, questi ultimi potevano vantare di custodire le ossa di San Nicola, invece nella cattedrale non avevano le ossa di San Sabino.
Ecco che, qualche anno dopo, 1091, casualmente, in cripta, in un altare, vengono trovate le ossa di San Sabino! Quasi a dimostrare che ora le due basiliche erano alla pari! Era un problema tutto barese, tra le due chiese di Bari e i relativi presbiteri. Non a caso nel 1102, Papa Pasquale II intitola la Cattedrale di Canosa a San Sabino, quasi a dire che il corpo di San Sabino è sempre rimasto a Canosa. Inoltre, per Bari, poter dire che il corpo del nostro Santo è ormai a Bari, significa affermare che Bari a pieno titolo è la nuova Chiesa Primaziale (pure le ossa di San Sabino sono ormai a Bari). Il nostro libro sostiene tesi già sostenute in passato da alcuni storici, ma Bari fa orecchie da mercante e continua a sostenere tesi superate da tempo. Nel citato libro di Bacco, Ieva e Sardella si legge: "Nel clima dei conflitti giurisdizionali tra le diocesi di Bari e Canosa e tra la popolazione ed il clero barese, va collocata la presunta scoperta, del corpo di San Sabino da parte dell'Arcivexcovo Elia, traslate a Bari da Angelario, che compare con il Vescovo di Base Canosa nell'845 e viene considerato l'ultimo dei Vescovi canosini, prima dell'invasione saracena. Il Santo Vescovo di Canosa ha rappresentato per molto tempo il primo e unico patrono di Bari, almeno fino al trafugamento da Mira delle reliquie di San Nicola, che progressivamente, grazie alla sua popolarità proveniente dalla "prolifica concessione dei miracoli" e a tante vicissitudini, fa rimpiazzare la precedente devozione a San Sabino."
Secondo il compianto Professor Cosimo Damiano Fonseca "il rinvenimento del corpo del santo o di quello ritenuto tale avvenne al tempo dell'Arcivexcovo Elia (1091) e servì molto verosimilmente ad accreditare il definitivo trasferimento della Sede Episcopale Canosina a Bari e la ormai rinnovata supremazia della città divenuta, grazie alla stretta intesa tra Elia e i nuovi conquistatori Normanni il nuovo centro politico -amministrativo del ducato". Inoltre, l'analisi dei frammenti ossei (operata dai professori Vito Scattarella, Sandro Sublimi Saponetti e Nicola Melone dell'Università di Bari) attestò che appartenevano a due soggetti: uno deceduto a 21-40 anni di sesso indeterminabile e l'altro all' età di 62-63 anni. "Alla luce di tali risultati è da escludere che quei resti possano essere del nostro Sabino. Dunque, non si potrà fare a meno di partire da questo punto fermo se si intende connotare da rigore scientifico le digressioni che saranno presentate".
1) che la presunta traslazione è in realtà un falso storico legato alla diatriba di Bari con Canosa, finalizzata ad affermare ad ogni costo che è ormai Bari la Diocesi Primaziale;
2) che nella diatriba tra la già esistente cattedrale e la nuova basilica di San Nicola, questi ultimi potevano vantare di custodire le ossa di San Nicola, invece nella cattedrale non avevano le ossa di San Sabino.
Ecco che, qualche anno dopo, 1091, casualmente, in cripta, in un altare, vengono trovate le ossa di San Sabino! Quasi a dimostrare che ora le due basiliche erano alla pari! Era un problema tutto barese, tra le due chiese di Bari e i relativi presbiteri. Non a caso nel 1102, Papa Pasquale II intitola la Cattedrale di Canosa a San Sabino, quasi a dire che il corpo di San Sabino è sempre rimasto a Canosa. Inoltre, per Bari, poter dire che il corpo del nostro Santo è ormai a Bari, significa affermare che Bari a pieno titolo è la nuova Chiesa Primaziale (pure le ossa di San Sabino sono ormai a Bari). Il nostro libro sostiene tesi già sostenute in passato da alcuni storici, ma Bari fa orecchie da mercante e continua a sostenere tesi superate da tempo. Nel citato libro di Bacco, Ieva e Sardella si legge: "Nel clima dei conflitti giurisdizionali tra le diocesi di Bari e Canosa e tra la popolazione ed il clero barese, va collocata la presunta scoperta, del corpo di San Sabino da parte dell'Arcivexcovo Elia, traslate a Bari da Angelario, che compare con il Vescovo di Base Canosa nell'845 e viene considerato l'ultimo dei Vescovi canosini, prima dell'invasione saracena. Il Santo Vescovo di Canosa ha rappresentato per molto tempo il primo e unico patrono di Bari, almeno fino al trafugamento da Mira delle reliquie di San Nicola, che progressivamente, grazie alla sua popolarità proveniente dalla "prolifica concessione dei miracoli" e a tante vicissitudini, fa rimpiazzare la precedente devozione a San Sabino."
Secondo il compianto Professor Cosimo Damiano Fonseca "il rinvenimento del corpo del santo o di quello ritenuto tale avvenne al tempo dell'Arcivexcovo Elia (1091) e servì molto verosimilmente ad accreditare il definitivo trasferimento della Sede Episcopale Canosina a Bari e la ormai rinnovata supremazia della città divenuta, grazie alla stretta intesa tra Elia e i nuovi conquistatori Normanni il nuovo centro politico -amministrativo del ducato". Inoltre, l'analisi dei frammenti ossei (operata dai professori Vito Scattarella, Sandro Sublimi Saponetti e Nicola Melone dell'Università di Bari) attestò che appartenevano a due soggetti: uno deceduto a 21-40 anni di sesso indeterminabile e l'altro all' età di 62-63 anni. "Alla luce di tali risultati è da escludere che quei resti possano essere del nostro Sabino. Dunque, non si potrà fare a meno di partire da questo punto fermo se si intende connotare da rigore scientifico le digressioni che saranno presentate".