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Cronaca

Bruxelles, Europa: ci risiamo!

L'assenza di una intelligence unitaria

Bruxelles, Europa: ci risiamo. Ancora una volta il terrorismo islamico colpisce il cuore delle istituzioni comunitarie, in maniera ben più simbolica ma non meno concreta degli attenti di quattro mesi fa a Parigi. Dati (tragici) in divenire, fattispecie da chiarire: per ora il bilancio è di 34 morti e 198 feriti. L'aeroporto principale della città Zaventem, la stazione della metropolitana Schuman, che porta il nome di uno dei padri fondatori di quella che sarebbe diventata Ue. Luoghi comuni, di vita ed impegno quotidiano, non lontani peraltro dalle principali sedi istituzionali dell'Europa. L'attacco di oggi segna il probabile e annunciato fallimento delle parole di quel Schuman, i cui obiettivi indicati, da raggiungere lentamente in divenire dopo il disastro dei due conflitti mondiali, sembrano essersi dissolti nell'incertezza politica ed economica del Vecchio Continente. Era il 9 maggio del 1950 e la Dichiarazione Schuman avrebbe dovuto essere il presupposto per poter ripartire all'insegna della ricostruzione solidale, lontano dalle belligeranze della prima metà di un drammatico novecento. L'allora ministro degli Esteri francese, Robert Schuman appunto, propose la creazione di una Comunità europea del carbone e dell'acciaio, mettendo in comune le varie produzioni degli Stati membri (Italia, Francia, Germania Occ., Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo). Fu un primo passo, un lieve richiamo ad una congregazione di comunità ancora oggi deboli dal punto di vista della sicurezza e senza un sistema unitario e una cooperazione tra le varie intelligence. Il fallimento di oggi, a 65 anni da quella dichiarazione, non è solo negli attacchi del terrorismo islamico (ribadendo ed evitando pertanto l'inutile propaganda e generalizzazione sull'Islam) ma nel tradimento di quelle dichiarazioni fondanti: «L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme: essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». Ed ancora: «La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano». Queste dichiarazioni sono state tradite, perché più che di sforzi creativi oggi ci si serve di sforzi pressoché identici, deleteri ed isterici. Mancano strategie e proporzionalità: l'Unione è ancora oggi attualmente sprovvista di caratteri ritenuti tipici di uno Stato federale (e dunque unitario). Gli apparati militari per la difesa e la sicurezza nazionale sono ancora a capo degli Stati membri, che mantengono così intatta la propria sovranità. Qui si individua il senso di debolezza: vedere nella tragedia ogni Stato membro badare (adeguatamente?) alla propria sicurezza, senza la minima ricerca di un fertile terreno comune.

Le Istituzioni sono sicure che questo possa essere ancora un bene per la sicurezza dell'Europa? Pensare ad una intelligence europea sarebbe probabilmente uno sforzo «creativo e proporzionale», donando così un reale senso di sicurezza e controllo: non una certezza naturalmente, quantomeno un apprezzabile tentativo, diverso da soluzioni guerrafondaie o repressive di libertà (Schengen va difeso, non ripudiato e lasciato tirare per la giacchetta da populismo e antieuropeismo) e perciò in conformità con lo spirito europeo. Sarebbe un grande passo ed eviterebbe che nazioni con mezzi di sicurezza piuttosto deboli come il Belgio (già un paradosso essendo il cuore delle Istituzioni europee) e con il più alto numero di foreign fighters, possano essere così facilmente colpite e spezzino così il sogno di chi oggi avrebbe dovuto e potuto continuare a vivere. L'attacco dello Stato Islamico, considerata la sostanziale irrilevanza nel quadro geopolitico del Belgio (a prescindere dalla rete burocratica e istituzionale di Bruxelles) è un invito ad una doverosa riflessione: la triste consapevolezza del poter essere colpiti in qualsiasi occasione, in mancanza di strategie e consequenziale protezione del territorio e soprattutto dei cittadini europei. Certo, è la sfida di un mondo contro un altro: una sfida di valori, tradizioni, senso del vivere, contro chi trova invece nel desiderio di morte, odio e vendetta la propria legittimazione (in)esistenziale. Ha pertanto senso chiudere in un cassetto tutti i nostri valori o più in generale la nostra dimora se essa stessa è già pervasa da un fenomeno ormai radicato? Hanno colpito il cuore dell'Europa ed è necessario adesso rianimarlo dalle fondamenta. Tornare a farlo battere insieme, lontani dal vecchiume di sovranità nazionali e personalistici interessi.
Cosimo Cataleta
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