Scuola
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Una comunità che forma se formata

Si ha bisogno di una formazione permanente

La fine di ogni estate ci prepara all'inizio di un nuovo anno sociale, pastorale, scolastico. I docenti, in questi giorni che precedono l'inizio delle attività in aula, si sono riuniti a più riprese per programmare il nuovo anno scolastico; nelle diocesi e nelle parrocchie ci si avvia a programmare l'anno pastorale; nella stessa vita politica e istituzionale si rinnova un fervore che appariva attenuato dalla pausa estiva. La scuola italiana, in ogni suo ordine e grado, si prepara a iniziare un nuovo anno, per ritornare ad offrire agli studenti una proposta educativa e formativa seria, aggiornata, verificabile negli strumenti, nei metodi, nelle pratiche, nei risultati, che aiuti ogni giovane a crescere responsabilmente e ad arricchire il proprio bagaglio umano e culturale. Questa corale e partecipata attività tende a rinnovare e ribadire la credibilità delle istituzioni, vuole e deve apparire bella e convincente; tuttavia, nasce spontanea una domanda: ci sentiamo pronti noi educatori, insegnanti, genitori a educare? Non ci sembra indispensabile capire che anche gli educatori, ognuno nel proprio ruolo, hanno bisogno, a loro volta, di verificare la forza della propria capacità educativa? Siamo consapevoli che la formazione, anche per gli adulti, è permanente? San Tommaso, in una delle sue efficaci affermazioni lapidarie, sosteneva che "nessuno può dare ciò che non ha", a significare che non possiamo formare, se non siamo formati a nostra volta.

La formazione segue la stessa logica della fede e dell'amore: quanto più cresce in colui che sperimenta questa virtù e questo sentimento, tanto più si avverte il bisogno di raggiungere ulteriori traguardi, nuove mete. La stessa logica del sapere è compendiata nell'insegnamento di Socrate: "Più so e più mi accorgo di non sapere". Più si ama e più si sente il bisogno di far crescere, di rafforzare l'amore. La fede in Gesù Cristo, quando è autentica, chiede continuamente percorsi nuovi, scelte più coraggiose, una coerenza che spinge sempre più verso il dono totale di sé. Abbiamo bisogno di una formazione permanente: ne siamo consapevoli? Noi siamo molto più preoccupati per l'emergenza di nuove forme di disagio, spesso anche della devianza di tanti ragazzi, che si esprime attraverso forme incontrollate di bullismo, di violenza di gruppo o individuali, ma non siamo altrettanto coscienti che la vera crisi è più profondamente una crisi degli adulti. Di fronte a tali manifestazioni, di cui ci sfuggono le cause perché le abbiamo minimizzate, trascurate, giustificate, fino a quando noi adulti le abbiamo viste esplodere, ci siamo sentiti confusi senza sapere più cosa e come proporre, rinnovandoli alla luce dei rapidissimi cambiamenti antropologici dettati dalla tecnologia e dalla digitalizzazione, quei valori e quegli ideali che hanno caratterizzato parte della nostra vita, ma che, questi sì inopinatamente dimenticati, non sappiamo più trasmettere con la testimonianza. Sì, perché educare, a differenza dell'insegnare, è possibile solo con la coerenza, con la credibilità della testimonianza. Sicuramente è più facile insegnare che educare, perché per insegnare basta conoscere, mentre per educare è necessario "essere". "Educare", etimologicamente è "condurre fuori", quindi aiutare a far emergere la consapevolezza delle proprie potenzialità, della propria originalità; insegnare, invece, significa piuttosto far conoscere o far apprendere qualcosa, trasmettere dei saperi. E' anche vero che insegnare ed educare sono strettamente connessi perché nella loro sinergia mettono alla prova la credibilità dell'adulto docente e educatore e l'empatia di chi apprende e si educa. L'azione educativa parte dal profondo della persona, coinvolge il suo "essere", quello che egli è, e viene percepita infallibilmente dall'educando in tutta la sua credibilità o, in mancanza, nella sua vacuità: non si può barare!

Di qui nasce la necessità di una autoeducazione che arricchisca sempre di più la persona, il suo essere: più si avanza nella maturità e più cresce la consapevolezza dei propri limiti e, perciò, il bisogno di mettersi in una condizione di formazione permanente. E' di qualche giorno fa l'invito del Presidente della Repubblica, nel suo intervento in occasione dei 150 anni dell'AIE (Associazione Italiana Editori), a incrementare la lettura, definendola una "emergenza nazionale", perché "della lettura avremo sempre bisogno. Leggere è una ricchezza immateriale della quale non possiamo fare a meno. La scuola resta un bacino decisivo in cui seminare". In questa direzione va interpretato e accolto l'appello di Papa Francesco a unire gli sforzi necessari a far nascere "un'alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un'umanità più fraterna." "Ricostruire il patto educativo globale" è il tema che il Papa ha offerto alla sensibilità di quanti "hanno a cuore il futuro delle nuove generazioni" e ai giovani, in un evento mondiale programmato nella giornata del 14 maggio 2020. Il Santo Padre ha indicato tre condizioni perché questo cammino sia "comune" nella costruzione del "villaggio dell'educazione", tutte imperniate su un forte sentimento, il coraggio: "coraggio di mettere al centro la persona", "coraggio di investire le migliori energie con creatività e responsabilità", "coraggio di formare persone disponibili a mettersi al servizio della comunità". Egli conclude con un invito a "cercare insieme di trovare soluzioni, avviare processi di trasformazione senza paura e guardare il futuro con speranza…per coltivare il sogno di un umanesimo solidale, rispondente alle attese dell'uomo e al disegno di Dio".
Mons.Felice Bacco
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