Guerra Ucraina
Guerra Ucraina

La vita prima di tutto

Le riflessioni di Antonio Damiano

"Meditate che questo è stato:" è l'incipit del terzo capoverso della dolorosissima poesia che introduce "Se questo è un uomo" di Primo Levi, scomparso l'11 aprile di 35 anni fa. Il poema si conclude auspicando sventure a chi rimane indifferente alla disumanità delle vicende storiche che travolsero gli uomini che vissero il periodo storico del secondo conflitto mondiale. Potrebbero, quelle parole, ingannare. Non sono il risentimento rancoroso di chi è rimasto vittima di un disgraziato destino. È la richiesta, non solo di essere vigilanti sui segni premonitori della banalità del male, ma soprattutto di non essere insensibili, nei confronti de "la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa", quella che provarono i primi soldati russi al cospetto del Lager di Auschwitz gremito di cadaveri e di moribondi: "Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo." È quel senso di colpa dal quale alcuni, rispetto alla catastrofica tragedia ucraina, se ne sentono esentati per ragioni e con argomenti che capovolgono il rimorso che ci assale quando ci accorgiamo che la nostra "volontà sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa".

Argomenti esposti a giustificazione di una auspicata resa incondizionata degli Ucraini nei confronti dell'invasore. Dal sociologo Alessandro Orsini: «Io preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che muoiano sotto le bombe in nome della democrazia […]. Anche perché un bambino anche in una dittatura può essere felice». La paura di un minacciato conflitto nucleare, la svalutazione del concetto di libertà e la mancanza di pietà nei confronti di chi legittimamente resiste alla violenza arbitraria e ingiustificata dell'aggressore sono alla base di questi argomenti.
La vita prima di tutto.
Questo singolarismo che indulge ad una irresponsabilità universale, a difesa della vita purchessia, è foriera della scomparsa di ogni traccia di civiltà.
Nel capitolo "Ultimo" di "Se questo è un uomo" Primo Levi descrive l'impiccagione pubblica di un resistente, davanti alla folla atterrita ed apatica dei prigionieri: "Il mese scorso, uno dei crematori di Birkenau è stato fatto saltare" - "L'uomo che morrà oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta.", poi conclude :"Alberto ed io siamo rientrati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell'uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo.
Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la ripartizione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna."
Resteremo umani se la vergogna continuerà ad opprimerci.
Antonio Damiano 1960
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