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Stilus Magistri

Sulla «Via Rosale» a Canosa

Ritrovate le radici storiche e toponomastiche

Mentre si è concluso il mese di Maggio 2020, travagliato dal tempo del Coronavirus, posiamo di sera l'animo sulle rose dedicate alla Vergine Maria nel "Rosario" della preghiera. Ci sovviene nella memoria storica il nome del Rione "Rosale" a Canosa, su cui si risaliva evocando in dialetto "séuse o Rusèle" (su, su al Rosale). La via infatti Carlo Alberto che risale, che ricordo d'infanzia presso la mia via nativa di Regina Elena, era denominata "già Rosale", come riporta lo stradario nuovo del 1930: "Via Carlo Alberto, già Rosale". Motivati dagli amici Nicola Gallo e Angela Valentino, che abitano nel quartiere e rileggendo gli studi dell'antico stradario della Toponomastica nel censimento del 1911, ritroviamo "Via Rosale, già Gaveta Trasonna, comincia dal corso Garibaldi, interseca la via Ursone e finisce alla M. R. Imbriani". Ritroviamo pertanto ancora dopo la variazione di Maneggio in corso Garibaldi, la via Rosale, che interseca via Ursone, dedicata al Vescovo della pregevole Cattedra episcopale di San Sabino e denominata in seguito Via Piave, finendo alla via Imbriani, denominata in seguito "Carlo Alberto" nel Regno d'Italia.

La stessa strada che porta agli Ipogei Lagrasta, denominata inopportunamente Via Cadorna nel 12 maggio 1923, era intitolata alla famosa Fanciulla greca dell'iscrizione tufacea ipogeica: "Via Medella Dasme, comincia dalla via Rosale e finisce in campagna verso Ponente". Ritroviamo conferma del toponimo nei documenti concessi nel 2019 dal Dott. Andrea Milanese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli negli studi della riscoperta pergamena a Giovanni Bovio di Matteo Barboni del 1892. Le pagine archivistiche del Museo Borbonico di Napoli, illustrate, riportano il viaggio dell'Archeologo Arch. Bonucci nel "Viaggio nella Terra di Bari", accompagnato a Canosa dal Sindaco Lopez e dal Tesoriere Basta della Cattedrale. Così scrive il Bonucci, il cui figlio ci ha lasciato i famosi acquerelli dell'Ipogeo, che mi sono stati concessi per stampa: "Mi recai col Tesoriere Basta a visitare le celebri tombe scoverte nel 1844, e che vengono chiamate "il tesoro", nella contrada del "rosaio", ...di due magnifici ipogei", di cui amaramente oggi ci sono rimasti i fossi vuoti, ben custoditi e valorizzati. Lo stesso Archivio Storico Comunale, da me consultato negli anni scorsi, descrive lo scavo del sito in "contrada nomata Rosale di pertinenza Lagrasta".

Il quartiere appartiene anche al vissuto d'infanzia dei poeti dialettali Savino Losmargiasso e Lucia Damiano (nata il1927), quest'ultima caduta nell'oblio delle nostre generazioni e da me riscoperta nei manoscritti delle sue poesie premiate dalla Città e ritrovate nella casa nativa di fronte agli Ipogei Lagrasta. Ma è la memoria del vegliardo Maestro Tommaso Greco, mio collega di Scuola Santa Lucia, a riferirmi in una intervista a casa sua presso il Rosale della motivazione del titolo "Rosale" legato alla presenza di roseti selvatici nella strada di periferia di paese. Ritroviamo una continuità della natura e della simbologia religiosa delle rose nella Chiesa del Rosario del 900, dove le rose invocano nel Rosario la Vergine Maria, sbocciando anche nel giardino antistante in Piazza Agostino Petroni. Le radici della Chiesa, come ci riferì Mons. Saverio Manco, riconducono ad una Cappella intitolata alla Madonna del Rosario e al Villaggio del Fanciullo dove "si ritrovavano dalla strada i ragazzi di famiglie di tanti pecorari".

Siamo eredi e custodi di questo patrimonio storico e ambientale e, se la memoria ammaestra i viventi, sarebbe auspicabile collocare una pannello dinanzi alla Chiesa del Rosario con il disegno di una rosa canina ed il titolo "quartiere e via Rosale". Affidiamo la proposta alla Associazione Pro Loco, custode della toponomastica, alla Fondazione Archeologica Canosina, nelle radici di Via Medella Dasme degli Ipogei Lagrasta. Affidiamo alla condivisione del Parroco, Don Saverio Memeo, nel roseto selvatico del Rosale in omaggio alla Vergine del Rosario. Affidiamo alla sensibilità cittadina condivisa di Nicola Gallo.
Maestro Peppino Di Nunno
Foto di Silvia Franzoni
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