
Santi nuovi perché non sono stati monaci o consacrati
Dall'incontro che ha chiuso la 46ª Edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli.
giovedì 28 agosto 2025
14.44
iReport
Nell'Auditorium isybank D3, in diretta su askanews, Famiglia Cristiana, Rai News, Telepace Verona, Teleradiopace e Vatican News, si è svolto l'incontro dal titolo "Santi Nuovi", che ha chiuso la 46ª edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli. Lo scorso 27 agosto, al tavolo sono intervenuti Paolo Asolan, docente di Teologia pastorale fondamentale e preside del Pontificio Istituto Pastorale Redemptor Hominis (Pontificia Università Lateranense); Marco Cesare Giorgio, presidente del Centro Culturale Pier Giorgio Frassati; S.E. Mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno. Ha moderato l'incontro Bernhard Scholz, presidente del Meeting. È stata inoltre proposta un'intervista video ad Antonia Salzano, madre del beato Carlo Acutis, in vista della sua canonizzazione prevista per il 7 settembre a Roma.
Santità ordinaria e straordinaria
«Santi nuovi perché non sono stati monaci o consacrati, ma santi che hanno vissuto la normalità di scuola, lavoro, amicizie», ha spiegato il moderatore aprendo l'incontro. «Troppo spesso pensiamo che la santità richieda condizioni speciali. Qui invece scopriamo che lo straordinario si può vivere dentro l'ordinario». Il richiamo immediato è stato a Pier Giorgio Frassati, giovane torinese beatificato da Giovanni Paolo II, e a Carlo Acutis, il "cyber-apostolo dell'Eucaristia", primo millennial a essere elevato agli onori degli altari.
Frassati: la scelta della felicità
Marco Cesare Giorgio ha tracciato un profilo intenso del beato Frassati: «La prima risposta che mi viene è che Pier Giorgio aveva capito come poter essere felici. Non in condizioni straordinarie, ma in quelle di tutti i giorni. Era un ragazzo normale, figlio di una delle famiglie più ricche di Torino, sportivo e brillante. Avrebbe potuto scegliere tutt'altro, ma decise che la felicità stava nel seguire Cristo». Ha letto le parole di uno scrittore che lo conobbe: «Mi era piaciuto subito, anche perché faceva da contrappeso ai modelli di santi troppo lontani e austeri. Pier Giorgio era un giovane che incontravi per strada, studente con i tuoi stessi problemi. Non pensavo alla santità, ma lui ha scelto, con semplicità, di rispondere sì a Cristo». Per Giorgio, la santità non era un'eccezione: «Non è l'uomo con i superpoteri, ma chi aderisce fino in fondo al proprio ideale. Benedetto XVI e don Giussani lo hanno detto con parole simili. Frassati ha unito cultura, carità, impegno sociale e politico. Tutto teneva insieme».
Carità come condivisione
«Frassati è ricordato per la sua carità», ha proseguito Giorgio. «Non era beneficenza superficiale, ma condivisione. Gesù viene a trovarmi ogni mattina nell'Eucaristia – diceva – e io gli restituisco la visita andando dai poveri». Così si spiegano i suoi gesti radicali: dare via vestiti e scarpe, visitare i quartieri più poveri di Torino, spendersi per i malati e i bambini. «La carità per lui non era dare qualcosa, ma condividere la vita. Non solo rispondere a un bisogno, ma accompagnare in quel bisogno», ha ribadito Giorgio. Frassati sognava di diventare ingegnere minerario per aiutare i minatori: «Scelse di restare laico. La sua santità era dentro la vita quotidiana. Un messaggio fortissimo ancora oggi».
La coscienza di Cristo al centro
Il professor Paolo Asolan ha approfondito la radice spirituale di Frassati: «Era un mistero di semplicità. Ai suoi occhi non sembrava eccezionale, eppure nel profondo della coscienza condivideva la vita di Cristo. Questo ha reso nuova ogni sua relazione». Ha citato Filippo Turati, leader socialista che ne rimase colpito: «Tra l'odio e la superbia, questo cristiano che crede e opera come crede, è un modello che può insegnare a tutti». Per Asolan, la chiave era nel servizio: «Pier Giorgio mostrava che Cristo non muore. La sua fede era presente, viva, e cambiava tutto. Era un giovane deciso in un tempo di indecisi, orientato in una stagione di disorientati. Questa fermezza era la sua novità».
Carlo Acutis: la santità del quotidiano
L'incontro ha proposto un videomessaggio di Antonia Salzano, madre di Carlo Acutis: «Carlo ha portato lo straordinario nell'ordinario. È un modello perché ci dice che la santità è per tutti». Ha ricordato la sua vita: «Fin da bambino scelse di essere fedele a Gesù. Andava a messa ogni giorno, faceva adorazione eucaristica, recitava il rosario. Ma non era fuori dal mondo: studiava, giocava, faceva sport, era simpatico e ironico». Carlo insegnava a valorizzare il tempo: «Diceva che il tempo è un dono e non va sprecato. Ogni scelta quotidiana ha conseguenze eterne. Bisogna vivere con serietà, senza sciupare la vita».
Un umorismo che nasceva dalla fede
La madre ha raccontato la sua gioia contagiosa: «Carlo mi faceva ridere. Anche di fronte alla malattia non perse mai il sorriso. Quando gli dissero che aveva la leucemia, disse: "Il Signore mi ha dato la sveglia". Non aveva paura della morte, ma del peccato». Ha spiegato la fama mondiale del figlio: «Subito dopo la sua morte iniziarono preghiere e grazie. Oggi riceviamo segnalazioni da tutto il mondo. È diventato un amico per tanti giovani». Per lei, la canonizzazione è un invito a tutti: «Non solo Carlo, ma anche noi dobbiamo lasciarci "canonizzare", cioè vivere la nostra vocazione alla santità. Io stessa ho scoperto la fede grazie a lui. Carlo mi ha salvata».
Sorrentino: "Una società di santi"
Il vescovo Domenico Sorrentino ha collocato la testimonianza di Frassati e Acutis in una prospettiva storica: «Giuseppe Toniolo diceva che a salvare la società non sarà un eroe o un diplomatico, ma un santo. O meglio, una società di santi». Ha sottolineato come Carlo e Pier Giorgio si inseriscano nella linea di Francesco e Chiara d'Assisi: «Carlo amava Francesco, ma a modo suo. Diceva: non voglio fare le penitenze di Francesco, ma voglio farmi santo come lui. Ad Assisi troviamo un Francesco che canta il Cantico e un Carlo che lo vive nel nostro tempo». Ha raccontato il gesto simbolico di Carlo: «In un video, poco prima della malattia, disse: sono destinato a morire. E lo disse sorridendo, aprendo le braccia. Era la sua spogliazione, come quella di Francesco. Una consegna totale a Cristo».
Il Meeting come società di santi
Concludendo l'incontro, Scholz ha collegato la testimonianza dei due giovani al tema del prossimo Meeting, tratto dalla Divina Commedia: «L'amor che move il sole e l'altre stelle». «Abbiamo visto in questi giorni tante persone portare "mattoni nuovi": riconciliazione, perdono, intelligenza sociale, carità. Da dove traggono questa energia? Dal fatto che il principio dell'universo è un destino buono, è amore. Carlo e Pier Giorgio ci mostrano che lasciarsi muovere da questo amore cambia la vita e la società». Il pubblico ha accolto con un lungo applauso le parole dei relatori e il messaggio della madre di Carlo. Una testimonianza che chiude il Meeting ma apre al futuro: «I santi non sono supereroi, ma uomini e donne che dicono sì a Cristo. Per questo la loro incidenza è incomprensibile dal punto di vista umano. Sono "santi nuovi" che mostrano che la santità è possibile per tutti».
Santità ordinaria e straordinaria
«Santi nuovi perché non sono stati monaci o consacrati, ma santi che hanno vissuto la normalità di scuola, lavoro, amicizie», ha spiegato il moderatore aprendo l'incontro. «Troppo spesso pensiamo che la santità richieda condizioni speciali. Qui invece scopriamo che lo straordinario si può vivere dentro l'ordinario». Il richiamo immediato è stato a Pier Giorgio Frassati, giovane torinese beatificato da Giovanni Paolo II, e a Carlo Acutis, il "cyber-apostolo dell'Eucaristia", primo millennial a essere elevato agli onori degli altari.
Frassati: la scelta della felicità
Marco Cesare Giorgio ha tracciato un profilo intenso del beato Frassati: «La prima risposta che mi viene è che Pier Giorgio aveva capito come poter essere felici. Non in condizioni straordinarie, ma in quelle di tutti i giorni. Era un ragazzo normale, figlio di una delle famiglie più ricche di Torino, sportivo e brillante. Avrebbe potuto scegliere tutt'altro, ma decise che la felicità stava nel seguire Cristo». Ha letto le parole di uno scrittore che lo conobbe: «Mi era piaciuto subito, anche perché faceva da contrappeso ai modelli di santi troppo lontani e austeri. Pier Giorgio era un giovane che incontravi per strada, studente con i tuoi stessi problemi. Non pensavo alla santità, ma lui ha scelto, con semplicità, di rispondere sì a Cristo». Per Giorgio, la santità non era un'eccezione: «Non è l'uomo con i superpoteri, ma chi aderisce fino in fondo al proprio ideale. Benedetto XVI e don Giussani lo hanno detto con parole simili. Frassati ha unito cultura, carità, impegno sociale e politico. Tutto teneva insieme».
Carità come condivisione
«Frassati è ricordato per la sua carità», ha proseguito Giorgio. «Non era beneficenza superficiale, ma condivisione. Gesù viene a trovarmi ogni mattina nell'Eucaristia – diceva – e io gli restituisco la visita andando dai poveri». Così si spiegano i suoi gesti radicali: dare via vestiti e scarpe, visitare i quartieri più poveri di Torino, spendersi per i malati e i bambini. «La carità per lui non era dare qualcosa, ma condividere la vita. Non solo rispondere a un bisogno, ma accompagnare in quel bisogno», ha ribadito Giorgio. Frassati sognava di diventare ingegnere minerario per aiutare i minatori: «Scelse di restare laico. La sua santità era dentro la vita quotidiana. Un messaggio fortissimo ancora oggi».
La coscienza di Cristo al centro
Il professor Paolo Asolan ha approfondito la radice spirituale di Frassati: «Era un mistero di semplicità. Ai suoi occhi non sembrava eccezionale, eppure nel profondo della coscienza condivideva la vita di Cristo. Questo ha reso nuova ogni sua relazione». Ha citato Filippo Turati, leader socialista che ne rimase colpito: «Tra l'odio e la superbia, questo cristiano che crede e opera come crede, è un modello che può insegnare a tutti». Per Asolan, la chiave era nel servizio: «Pier Giorgio mostrava che Cristo non muore. La sua fede era presente, viva, e cambiava tutto. Era un giovane deciso in un tempo di indecisi, orientato in una stagione di disorientati. Questa fermezza era la sua novità».
Carlo Acutis: la santità del quotidiano
L'incontro ha proposto un videomessaggio di Antonia Salzano, madre di Carlo Acutis: «Carlo ha portato lo straordinario nell'ordinario. È un modello perché ci dice che la santità è per tutti». Ha ricordato la sua vita: «Fin da bambino scelse di essere fedele a Gesù. Andava a messa ogni giorno, faceva adorazione eucaristica, recitava il rosario. Ma non era fuori dal mondo: studiava, giocava, faceva sport, era simpatico e ironico». Carlo insegnava a valorizzare il tempo: «Diceva che il tempo è un dono e non va sprecato. Ogni scelta quotidiana ha conseguenze eterne. Bisogna vivere con serietà, senza sciupare la vita».
Un umorismo che nasceva dalla fede
La madre ha raccontato la sua gioia contagiosa: «Carlo mi faceva ridere. Anche di fronte alla malattia non perse mai il sorriso. Quando gli dissero che aveva la leucemia, disse: "Il Signore mi ha dato la sveglia". Non aveva paura della morte, ma del peccato». Ha spiegato la fama mondiale del figlio: «Subito dopo la sua morte iniziarono preghiere e grazie. Oggi riceviamo segnalazioni da tutto il mondo. È diventato un amico per tanti giovani». Per lei, la canonizzazione è un invito a tutti: «Non solo Carlo, ma anche noi dobbiamo lasciarci "canonizzare", cioè vivere la nostra vocazione alla santità. Io stessa ho scoperto la fede grazie a lui. Carlo mi ha salvata».
Sorrentino: "Una società di santi"
Il vescovo Domenico Sorrentino ha collocato la testimonianza di Frassati e Acutis in una prospettiva storica: «Giuseppe Toniolo diceva che a salvare la società non sarà un eroe o un diplomatico, ma un santo. O meglio, una società di santi». Ha sottolineato come Carlo e Pier Giorgio si inseriscano nella linea di Francesco e Chiara d'Assisi: «Carlo amava Francesco, ma a modo suo. Diceva: non voglio fare le penitenze di Francesco, ma voglio farmi santo come lui. Ad Assisi troviamo un Francesco che canta il Cantico e un Carlo che lo vive nel nostro tempo». Ha raccontato il gesto simbolico di Carlo: «In un video, poco prima della malattia, disse: sono destinato a morire. E lo disse sorridendo, aprendo le braccia. Era la sua spogliazione, come quella di Francesco. Una consegna totale a Cristo».
Il Meeting come società di santi
Concludendo l'incontro, Scholz ha collegato la testimonianza dei due giovani al tema del prossimo Meeting, tratto dalla Divina Commedia: «L'amor che move il sole e l'altre stelle». «Abbiamo visto in questi giorni tante persone portare "mattoni nuovi": riconciliazione, perdono, intelligenza sociale, carità. Da dove traggono questa energia? Dal fatto che il principio dell'universo è un destino buono, è amore. Carlo e Pier Giorgio ci mostrano che lasciarsi muovere da questo amore cambia la vita e la società». Il pubblico ha accolto con un lungo applauso le parole dei relatori e il messaggio della madre di Carlo. Una testimonianza che chiude il Meeting ma apre al futuro: «I santi non sono supereroi, ma uomini e donne che dicono sì a Cristo. Per questo la loro incidenza è incomprensibile dal punto di vista umano. Sono "santi nuovi" che mostrano che la santità è possibile per tutti».