Trivelle referendum
Trivelle referendum
Politica

Un sempre più avvertito distacco tra politica e cittadino

Ne parlano i dati

Oltre 50 milioni di italiani sono stati chiamati alle urne nella giornata di domenica scorsa, circa il "quesito trivelle", fallito a causa del mancato raggiungimento del quorum. Ha votato poco più (poco meno) di un terzo dell'elettorato ma ciò che diviene fondamentale è la scissione tra la media nazionale ed i singoli dati regionali. Domanda: quali Regioni hanno votato meno? Risposta: Umbria, Sicilia, Calabria, Campania e Trentino. Ecco ricavare così una prima contraddizione: ricordandoci che due tra queste, ovvero Calabria e Campania, sono state promotrici della consultazione referendaria assieme ad altre sette regioni (Basilicata, Pugla, Veneto, Marche, Molise, Sardegna, Liguria). certo, pur offrendo ottime prove, nemmeno le altre regioni promotrici sono state in grado di raggiungere il quorum. L'unica eccezione infatti è rappresentata dalla Basilicata (50.3), che dunque esiste davvero. Ma è evidente come la battaglia delle regioni abbia subito un colpo particolarmente duro. Non mi pare la vittoria tanto paventata da Michele Emiliano. perché nella sua Puglia vota il 41 % circa dell'elettorato e perché la sua battaglia si è sin da subito mostrata strumentale e politica piuttosto che ambientale e marittima. La spallata al governo Renzi (e la corsa alla leadership nazionale in vista del prossimo congresso PD) può per il momento essere (opportunamente) accantonata. Nemmeno Canosa deve essere stata particolarmente interessata dal forcing del governatore pugliese, considerata anche la questione ospedaliera. Tuttavia, è in grado di far registrare una media vicina a quella nazionale: 30,37 % per un totale di 7.310 votanti su 24.071 elettori, di questi, 6763 sono stati i sì, a fronte di appena 477 no, si aggiungano nel quadro complessivo 30 schede bianche e 40 nulle. Non raggiunge il quorum nemmeno la provincia BT: 110.019 i sì (94,4) contro 6.481 no (5,5). e dunque, la sconfitta di cui si diceva prima muove da diverse considerazioni: basti pensare che dalle analisi delle affluenze, emerga come in alcune regioni del nord (Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Valle D'Aosta) si è votato di più rispetto alle regioni costiere del mezzogiorno. Ha regnato pertanto una ampia fetta di confusione, nonché una campagna referendaria forzata ed inconcludente. Perché un quesito di carattere tecnico ma di una importanza così vitale, deve essere raccontato con la giusta cautela e con una adeguata cognizione di causa. si è puntato invece al classico muro contro muro. Si è passati dal votare sì al sì ma per che cosa si vota al sì contro Renzi. Qui, chiaramente giunti al top, qualcuno ha persino confuso che per dire no alle trivelle bisognasse votare sì. hanno votato no. insomma, non si è più capito alcunché, visto che i sì social non avevano nulla da dire nel merito, "ma va bene solo perché è contro il governo". Il governo non ha vinto ma qualcuno ha perso come dice Renzi? E' una delle rarissime volte che mi trova d'accordo. qualcuno deve essersi infatti accorto della strumentalità di una battaglia fallita ab origine (visti gli interventi precedenti dello stesso governo, tesi ad ottenere la bocciatura dei quesiti) e ha preferito astenersi. Già, perché anche qui astensione non è necessariamente sinonimo di disinteresse e pressappochismo, visto che vi è astensionismo consapevole ed inconsapevole. Il sì ha vinto ma non ha raggiunto il quorum: partiti che lo hanno sostenuto hanno ovviamente avanzato la proposta ad quorum (dopo l'ad personam ecco la nuova novità). Non lo raggiungiamo? E allora toglierlo perché chi si astiene non deve contare. Forse, ma ribadisco la differenza tra quelle due diverse forme di astensionismo, nel quale emerge la consapevolezza di un elettorato mediocre, al quale non è interessante né adeguato conciliarsi. Se si torna al sud, come dicevo di Calabria e Campania, comprendiamo come la tanto famigerata questione meridionale sia condizionata non solo dalle nefandezze politiche ormai centennali (magari cominciando dall'era Giolitti) ma anche da problematiche culturali, fondate su un senso comune di arretratezza e rassegnazione. questa mi pare la questione più grave, al di là di un esito decisamente scontato sia sul sì che sul raggiungimento del quorum. C'è chi non va a votare perché non ci crede più e chi non va perché non sa. Va citato dunque Gramsci, come al solito di una disarmante attualità: «L'elemento popolare "sente", ma non sempre comprende o sa; l'elemento intellettuale "sa", ma non sempre comprende e specialmente "sente"». Credo sia la sottolineatura di un sempre più avvertito distacco tra politica e cittadino. Ne parlano i dati, i crescenti fenomeni di astensionismo, a causa del quale raggiungere il quorum referendario dal 1997 ad oggi è stata sempre vista come impresa e non normalità.
Cosimo Cataleta
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