
Il Meeting di Rimini 2025 apre con le Madri per la Pace
Il ruolo femminile nella costruzione di un futuro condiviso
sabato 23 agosto 2025
10.37
iReport
Layla al-Sheik, Elana Kaminka, suor Azezet Habtezghi Kidane: cosa accomuna le loro vite e quali le affinità hanno con il Meeting. Si è aperto con un incontro al femminile il 46° Meeting per l'amicizia fra i popoli ETS nei padiglioni della Fiera di Rimini in svolgimento fino al 27 agosto 2025. "Madri per la pace" il titolo dell'incontro del 22 agosto scorso con le partecipazioni di : Layla al-Sheik, madre musulmana di Betlemme che ha perso un figlio piccolo, Qusay, nella seconda Intifada; Elana Kaminka, israeliana, madre di Yannai, soldato ucciso il 7 ottobre 2023; Azezet Habtezghi Kidane, religiosa comboniana eritrea, conosciuta anche come suor Aziza, attiva per anni in Israele e nei Territori Palestinesi, prima in Sudan e in Eritrea. Ha moderato Alessandra Buzzetti, giornalista, corrispondente di TV2000 dalla Terra Santa mentre per i saluti introduttivi è intervenuto Bernhard Scholz, presidente Fondazione Meeting per l'amicizia fra i popoli ETS
Layla al-Sheik, musulmana di Betlemme ha perso il figlio piccolo nella seconda Intifada:"Il dolore della perdita persiste, ma si trasformato in dialogo e sguardo all'umano nell'organizzazione di palestinesi e israeliani, loro stessi vittime di una grave perdita famigliare. Vederli parlare e comprendersi mi ha sbloccato, all'inizio ero reticente poi ho voluto capire come era possibile tutto ciò? Oggi sono membro attivo per portare un messaggio di riconciliazione. In famiglia non subito mi hanno capito, la paura è sempre un freno al dialogo, poi mia figlia mi ha abbracciato quando mi ha visto a dialogare in una conferenza con una donna israeliana" Quali le difficoltà? "Non c'è lavoro, rifugi, dopo il 7 ottobre la situazione in Cisgiordania è complessa, i confini sono invalicabili, vedo persone tristi e arrabbiate. Layla è possibile perdonare? "Sì, vi racconto un aneddoto. A Gerusalemme a margine di un incontro ho visto un uomo piangere a dirotto. Gli ho domandato chi fosse? Mi ha risposto di essere un ufficiale dell'esercito israeliano che aveva perso il figlio malato ad un check point: gli era stato impedito di portarlo all'ospedale. Un moto di rabbia mi ha assalito, anch'io avevo perso il figlio in quel modo. Il suo sfogo mi avrebbe portato a lasciarlo perdere ma l'ho perdonato."
Elana Kaminka, israeliana ha perso il figlio soldato, Yannay : "Aveva appena 21 anni, ma era grande pensatore, un leader. Nei documenti trovati aveva annotato il suo pensiero di leadership. Amare le persone, fare sentite questo amore, poi il valore della responsabilità. Avrebbe potuto dare molto al mondo, oggi cerco di lavorare al suo posto, di trasmettere i pensieri di pace e altruismo. Ho incontrato Layla e questi gravi lutti sono stati il ponte per costruire un dialogo. Ci sono 60 mila riservisti che non vogliono combattere, i suicidi di militari sono frequenti. Come hai oltrepassato le barriere sociali e familiari? È importante capire che la paura influenza le persone, anche in famiglia, fa agire in maniera irrazionale, ma è comprensibile vista la situazione. Nel paese possiamo esprimerci liberamente, il dialogo ha una dimensione umana. La vita è un valore fondamentale per ogni religione, pertanto la guerra è non è una risposta".
Suor Azezet Habtezghi Kidane: "Ho lavorato con i cristiani, israeliani e, in particolare con le popolazioni beduine per costruire ponti di dialogo. Come suore comboniane insieme chi ai rabbini per diritti umani li abbiamo incontrati per chiedere i loro bisogni. Hanno bisogno di acqua, lavoro, e sanità, ma anche di educazione, di cultura, dialogo per abbattere muri, vedere il volto, la bellezza dell'altro. Ci sono donne che non hanno mai visto il mare, non hanno nulla. Cerchiamo di fare differenza e introdurre una mentalità da "combattenti per la pace", vedere la sofferenza nel volto degli altri e dare risposte".
Il Meeting di Rimini 2025 promuove pace e riconciliazione attraverso storie di madri colpite dalla guerra, il dialogo tra comunità in conflitto. In una Terrasanta lacerata dalla più lunga e devastante guerra della sua storia recente, ci sono madri che non hanno gli occhi accecati dalla vendetta e riescono a trasformare il dolore della perdita di un figlio nel conflitto, in un cammino di riconciliazione.
Prof.Leonardo Di Nunno
Layla al-Sheik, musulmana di Betlemme ha perso il figlio piccolo nella seconda Intifada:"Il dolore della perdita persiste, ma si trasformato in dialogo e sguardo all'umano nell'organizzazione di palestinesi e israeliani, loro stessi vittime di una grave perdita famigliare. Vederli parlare e comprendersi mi ha sbloccato, all'inizio ero reticente poi ho voluto capire come era possibile tutto ciò? Oggi sono membro attivo per portare un messaggio di riconciliazione. In famiglia non subito mi hanno capito, la paura è sempre un freno al dialogo, poi mia figlia mi ha abbracciato quando mi ha visto a dialogare in una conferenza con una donna israeliana" Quali le difficoltà? "Non c'è lavoro, rifugi, dopo il 7 ottobre la situazione in Cisgiordania è complessa, i confini sono invalicabili, vedo persone tristi e arrabbiate. Layla è possibile perdonare? "Sì, vi racconto un aneddoto. A Gerusalemme a margine di un incontro ho visto un uomo piangere a dirotto. Gli ho domandato chi fosse? Mi ha risposto di essere un ufficiale dell'esercito israeliano che aveva perso il figlio malato ad un check point: gli era stato impedito di portarlo all'ospedale. Un moto di rabbia mi ha assalito, anch'io avevo perso il figlio in quel modo. Il suo sfogo mi avrebbe portato a lasciarlo perdere ma l'ho perdonato."
Elana Kaminka, israeliana ha perso il figlio soldato, Yannay : "Aveva appena 21 anni, ma era grande pensatore, un leader. Nei documenti trovati aveva annotato il suo pensiero di leadership. Amare le persone, fare sentite questo amore, poi il valore della responsabilità. Avrebbe potuto dare molto al mondo, oggi cerco di lavorare al suo posto, di trasmettere i pensieri di pace e altruismo. Ho incontrato Layla e questi gravi lutti sono stati il ponte per costruire un dialogo. Ci sono 60 mila riservisti che non vogliono combattere, i suicidi di militari sono frequenti. Come hai oltrepassato le barriere sociali e familiari? È importante capire che la paura influenza le persone, anche in famiglia, fa agire in maniera irrazionale, ma è comprensibile vista la situazione. Nel paese possiamo esprimerci liberamente, il dialogo ha una dimensione umana. La vita è un valore fondamentale per ogni religione, pertanto la guerra è non è una risposta".
Suor Azezet Habtezghi Kidane: "Ho lavorato con i cristiani, israeliani e, in particolare con le popolazioni beduine per costruire ponti di dialogo. Come suore comboniane insieme chi ai rabbini per diritti umani li abbiamo incontrati per chiedere i loro bisogni. Hanno bisogno di acqua, lavoro, e sanità, ma anche di educazione, di cultura, dialogo per abbattere muri, vedere il volto, la bellezza dell'altro. Ci sono donne che non hanno mai visto il mare, non hanno nulla. Cerchiamo di fare differenza e introdurre una mentalità da "combattenti per la pace", vedere la sofferenza nel volto degli altri e dare risposte".
Il Meeting di Rimini 2025 promuove pace e riconciliazione attraverso storie di madri colpite dalla guerra, il dialogo tra comunità in conflitto. In una Terrasanta lacerata dalla più lunga e devastante guerra della sua storia recente, ci sono madri che non hanno gli occhi accecati dalla vendetta e riescono a trasformare il dolore della perdita di un figlio nel conflitto, in un cammino di riconciliazione.
Prof.Leonardo Di Nunno