Montecitorio
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I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali.

L'intervento di Antonio Damiano

Il bis di Mattarella al Quirinale è stato accolto dall'opinione pubblica come l'acclamato bis del "E lucean le stelle" ad interrompere il regolare fluire della "Tosca". L'indiscutibile altissimo rango politico-istituzionale del Presidente Mattarella, che ha risolto, con l'accettazione della sua rielezione, l'uscita dalle sabbie mobili nelle quali i grandi elettori si erano cacciati, non ci esime dal mettere in evidenza, certamente controcorrente rispetto al comune sentire, le insidie che la rielezione implica.
Premesso che, non a caso, i Padri costituenti hanno stabilito per il presidente della repubblica un mandato tra i più ampi nell'ambito degli organi costituzionali, indicando in tal modo, come salutare che non ci fosse il bis bensì senza precluderlo ( ove le circostanze né rendessero ineluttabile ricorrervi). Con il bis di Napolitano eravamo all'eccezione, il bis di Mattarella fa consuetudine. Mattarella, proprio nell'ambito dell'interpretazione predetta, con fatti concludenti, ha segnalato, chiedendo di non essere rieletto, che la rielezione per quanto plausibile andava adottata con cautela estrema. La storiella del Sergio Mattarella uomo politico desideroso di ritornare a vita privata dopo aver assolto con rigore ed onore all'alto compito di Capo dello stato dissimulava, invece, la pericolosità del rischio autocratico, dell'assimiliazione ad unità dell'istituzione con la persona, profondamente avvertita dai padri custituzionalisti. Naturalmente il rischio del sorgere di una autocrazia, nello specifico, è messa fuori luogo dalla caratura democratica di Mattarella. L'autocrazia fa a meno della politica e si sostiene con il culto della persona La democrazia soffre se le istituzioni non sono alimentate dalla politica. Quest'ultima questione è perfettamente comprensibile e in mirabile sintesi è stata offerta dal Presidente nel suo messaggio al Parlamento nel giorno del giuramento: ".. è cruciale il ruolo del Parlamento, come luogo della partecipazione. Il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo emerge dalla società civile."

A chi spetta trasfondere la politica nella massima istituzione democratica (il parlamento) e per analogia nelle assise deliberative degli enti territoriali (Regioni, province e comuni) ciò che di vivo emerge dalla società civile? Riprendendo il messaggio del giuramento:" La qualità stessa e il prestigio della rappresentanza dipendono, in misura non marginale, dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della vita economica e sociale, di favorire la partecipazione, di allenare al confronto. I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali. Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica."

A livello locale in occasione delle prossime amministrative si paventa un ecumenico " volemose bene", una coalizione promossa dalle formazioni di centro-destra forti elettoralmente ma fragili nell'espressione di leader diverso dal nostro consigliere regionale, che non può, per incompatibilità e perché non ancora dotato del dono dell'ubiquità , stare ovunque, e pertanto dopo due sconfitte sul filo di lana al primo turno e altrettanto clamorosa debacle al secondo, sta pensando bene di promuovere la mistificazione della coalizione trasformandola con immissione spurie e oscurando i simboli dei partiti tradizionali di provarci con una tattica diversa. Quella professata da Napoleone nelle sue tattiche di guerra: "Toujours confondre" Si tratta dell'esatto opposto di ciò che il Presidente prescrive per un sano confronto democratico: invece di immettere nelle istituzioni "ciò che di vivo emerge dalla società civile." si preferisce immettere ciò che di "mortifero è generato da menti di un ceto politico assetato di potere, che offre ai cittadini la suggestione di poter fare a meno della politica. Un governo degli ottimati i quali soli sanno ciò che è bene per la nostra Canosa. Non è raro constatare che l'intento malsano lo si persegue celandosi il volto.
Antonio Damiano 1960
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