Fratelli tutti, grazie Francesco!

Da Mosca, Bagdad, Gerusalemme impegni comuni per il confronto e l’azione umanitaria

mercoledì 25 agosto 2021 15.33
Un patriarca, un cardinale, un imam, un rabbino. Mosca, Gerusalemme, Bagdad, Rimini collegate in diretta per un dialogo tutt'altro che accademico tra leader religiosi sull'enciclica "Fratelli tutti" di Papa Francesco. Dalla capitale russa, l'imam Damir Mukhetdinov, direttore del Forum Internazionale musulmano. Da Israele il rabbino David Rosen, direttore internazionale degli affari interreligiosi del Comitato ebraico americano. Dall'Iraq, il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako. Dal Meeting 2021 di Rimini, l'arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, sul palco con il moderatore Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione. L'enciclica ha innescato riflessioni e dialoghi in diversi contesti geo-politici e religiosi, ben oltre il mondo cattolico, come forse mai prima, che la pandemia non ha interrotto e che segnano, come ha detto Fontolan, un "prima e un dopo". «Nell'enciclica – ha esordito il rabbino Rosen – in particolare nel libro della Genesi- l'uomo è creato a immagine di Dio. I profeti sottolineando che tutti abbiamo uno stesso padre, e in alcuni come Malachia e Isaia è esplicitato che non si tratta solo degli appartenenti al popolo eletto, ma dell'umanità intera. Da cui l'amore anche per lo straniero e per lo sconosciuto». Per Rosen il dialogo interreligioso è innanzitutto essenziale per approfondire la propria stessa fede. Non bisogna però pensare che tutte le soluzioni ai problemi nascano dall'interno del proprio orizzonte identitario: dobbiamo dimostrare insieme, ha detto in sostanza, l'amore per il prossimo e per la creazione. L'imam traduce l'enciclica L'imam Damir è rimasto così colpito dalla lettura della "Fratres omnes" che l'ha tradotta (in russo) e fatta pubblicare. «È per noi straordinario che l'incontro con il mondo musulmano abbia ispirato papa Francesco a scrivere questo documento». Damir ha lavorato alla traduzione accanto al capezzale dell'anziana madre ammalata, accompagnandola alla morte, e avendo sempre in mente le sofferenze e i dolori di tanta gente nel mondo: così ha sentito bruciare sulla propria pelle, condividendolo profondamente, l'appello del papa alla "fraternità e all'amicizia sociale". E ha ammonito: «Mai politicizzare la religione». Conforto e speranza. Ecco il dono che Francesco e la sua enciclica hanno fatto alla gente irachena. «Un'indicazione e un sostegno – ha detto nel suo breve intervento il patriarca da Bagdad – a tornare alla fonte della propria fede e della comune umanità. Perciò non vendette, ma riconciliazione; non settarismi ma profondo rispetto per tutti». Senza mancare di ammonire noi occidentali: «Egualmente bisogna superare l'individualismo consumistico». Per il cardinale Zuppi l'enciclica è «la grammatica per imparare a parlarci da fratelli. E la pandemia è l'opportunità di convincerci che non c'è futuro senza l'incontro con l'altro, perché non ci si salva da soli. Il fanatico non è un vero religioso ma un bestemmiatore». Uniti per l'Afghanistan Zuppi ha messo in guardia da considerare queste riflessioni di fondo un'astrazione: «È pure realismo. Tant'è che possiamo fare battaglie comuni, per esempio per l'abolizione della pena di morte e per la creazione di corridoi umanitari per salvare le vittime dei conflitti». «Non possiamo restare indifferenti – gli ha fatto eco l'imam Damir – alle sofferenze di quelle popolazioni. Dobbiamo averli presenti nei nostri cuori, pregare per loro, inseme, e aiutarli per tutto quanto è possibile». Damir si è spinto anche ad invocare l'apertura delle moschee per sostenetre le persone al di là di ogni appartenenza reliosa o nazionale. Un monito all'occidente è giunto anche dal rabbino Rosen, quando ha affermato che la responsabilità verso la comunità umana e verso il pianeta deve indurre tutti, e non solo le autorità costituite, ad evitare lo spreco delle risorse o lo scarto degli ultimi. L'invito è a cambiare gli stili di vita cui ci siamo abituati. Che si sia giunti a parlare di battaglie da condurre in comune è qualcosa di straordinario, che non deve sfuggire alla nostra attenzione. Segna veramente un passo avanti, almeno nel desiderio. Ma è proprio il desiderio il motore della vita privata e collettiva.
Prof. Leonardo Di Nunno