Stilus Magistri

Dolore e coscienza del terremoto

Dal lutto nazionale al problema nazionale

Nella notte del 24 agosto 2016 la storia ci ha riportati sotto le macerie provocate dal sisma nell'Italia centrale. Sembrava un bombardamento della seconda guerra mondiale, dinanzi ad un borgo meraviglioso d'Italia, che in parte "non esiste più", come ha ripreso anche Papa Francesco nell'udienza del mercoledì. Nell'immane tragedia qualcuno il giorno dopo si chiede "dov'era Dio", ma viene da chiedersi anche "dov'era l'uomo", nell'ordine del creato affidato all'uomo. Queste persone, questi Italiani hanno perso la vita, hanno perso la casa, culla dell'esistenza e degli affetti familiari, alcuni dicono di aver perso tutto, anche "la paura", ma gli Italiani, gente solidale dal cuore grande, non hanno perso la vicinanza e la solidarietà, mentre si discute responsabilmente nelle trasmissioni con tecnici e governanti. Si spegne il sorriso di questa fine d'estate e si pensa con Renzi all'idea apprezzabile di una "Casa Italia". I geologi dicono che occorre farne un problema nazionale, di fare una legge nazionale sui luoghi a rischio sismico e idrogeologico. Un progetto ambiente, una legge per non dimenticare, per prevenire in una cultura della prevenzione che deve entrare nella nostra vita, nelle nostre case, nei nostri paesi, ma non solo per risanare e adattare, ma anche per pianificare l'edificabilità, superando le resistenze corporative locali. Non basta la buona volontà di un Comune meritorio, come Norcia, occorre la volontà politica nazionale di studiare, prevenire e legiferare.

Studiamo il sottosuolo della Luna e di Marte, mentre la madre Terra che ci sostenta e ci governa ci chiede di essere conosciuta alla luce del progresso culturale, scientifico e tecnologico di oggi. Ricordo le parole dei nostri nonni analfabeti ma sapienti, di mio nonno paterno Pasquale, che in merito alle grotte antropiche tufacee di Canosa dicevano i dialetto: "vè sàupe o màsse e nàune sàupe o vacànde" , costruisci sul masso tufaceo pieno e non sui vuoti. Risentiamo i geologi che con competenza sottolineano lo studio del sottosuolo e delle faglie geologiche, lungo le quali si scaricano le energie dannose che giungono in superficie con conseguenze rovinose amplificate anche dalla natura dei terreni. Le faglie geologiche sono le linee di dislocazione che richiedono uno studio nazionale nei Comuni a rischio sismico. I terremoti non si possono prevedere, ma un geologo afferma che un terremoto inizia nel terremoto precedente, quando di nuovo iniziano a caricarsi di energia le linee delle faglie. La tragedia della scuola crollata di San Giuliano di Puglia (CB) nel terremoto de 31 ottobre 2002, rimanda alla presenza nel sottosuolo della faglia e al precedente terremoto del 1805. Se la storia è maestra di vita, la storia dei terremoti in Italia deve insegnare non solo per piangere con chi soffre, ma per imparare a edificare e prevenire l'onda traumatica della terra.Anche il Vescovo di Ascoli Piceno, Mons. Giovanni d'Ercole nell'omelia ha detto: : "dobbiamo imparare a dialogare con la natura",

Come segno di testimonianza oppressa e di esperienza travagliata, quando esploravo le grotte tufacee di Canosa di Puglia nel 1984-85 da Consigliere comunale e Delegato all'Ambiente con l'Amministrazione del Sindaco Raffaele Rizzi, il prof. Frate, incaricato dal Comune con il Prof. Paglionico, mi diceva: "quando vai sotto terra, ricordati S uguale 9". Al mio quesito di incomprensione, lui precisava che si tratta del coefficiente sismico del territorio, di seconda categoria, non per allarmare, ma per conoscere, razionalizzare e pianificare. Per compensare l'emarginazione politica indegna degli anni '80 su queste esplorazioni personali fatte volontariamente a rischio della vita e trasmesse di persona col Sindaco Rizzi alla Prefettura di Bari e al Ministero Zamberletti, che in questi giorni drammatici abbiamo visto e ascoltato nella persona del Ministro dell'epoca, riteniamo opportuno rileggere la pagine pubbliche e pubblicate della Delibera di Consiglio comunale, n. 98 dell'undici aprile 1985, con gli interventi qualificati del Consigliere Dell'Aere, di Luisi del PSI, del Consigliere Di Nunno Giuseppe. Trovate e leggete quelle pagine! Non per recriminare, ma per conoscere e riconoscere, per lenire le cicatrici umane prima della morte e per ritornare ai Ministeri, come per i Beni Culturali, per il Museo, per il Ponte Romano, per il nostro territorio. Il prof. Paglionico, Docente dell'Università di Bari, che incontrò molte resistenze, riporta nella seduta consiliare e nel testo della delibera il problema "delle faglie nei terreni compatti, come quelli tufacei", precisando che "nello studio emerge una grossa faglia che attraversa il territorio urbano dalla zona ...", considerando "questa faglia come linea di debolezza".

Non intendiamo allarmare, ma far conoscere, studiare e pianificare il territorio, comunque non censito nelle zone rosse d'Italia e periferico rispetto al Gargano e all'Irpinia. Oggi dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980 abbiamo sicure costruzioni antisismiche, anche se le strade non hanno fondazioni e portano acqua, fogna, corrente elettrica, telefono e internet, gas.A quel Ministero della Protezione Civile Zamberletti, il Sindaco Rizzi, di cui sono testimone con l'Assessore Savino Basile, parlò, ma anche scrisse e firmò a livello istituzionale nella Commissione del 19 marzo 1986, di "attivare il Governo ed il Parlamento" per "un disegno di legge", riconoscendo il problema del sottosuolo in una questione nazionale dello Stato. La sua Giunta fu messa in crisi, con tutte le firme autorevoli istituzionali della Commissione suddetta e dopo di Lui, le scelte politiche ribaltarono le direttive, perdendo il treno della gestione dello Stato e del Ministero, che preoccupava i compassi dei piani regolatori! Da questa lezione di storia la nostra coscienza riconferma ancora oggi la necessità di un Progetto nazionale non solo a finanziare, ma a studiare e programmare l'edificabilità in rapporto alla natura dei terreni e alle faglie geologiche.Il terremoto è un problema che non si configura nei confini dei Comuni o delle Regioni, ma richiede una "Casa Italia" , uno studio della penisola e dei mari circostanti, una legge nazionale per tutti i Comuni a rischio sismico e geologico, perché non restino solo il lutto nazionale e i funerali di Stato. Alle spoglie prive di vita sotto le macerie affidiamo la nostra preghiera; al volto impolverato salvato dalle macerie affidiamo le nostre mani; ai bambini salvati che cresceranno affidiamo la nostra scienza e coscienza, la nostra responsabilità di cittadini e governanti, per salvare le nostre case di domani, per salvare la nostra vita, accanto alla quale c'è sempre Dio, ma a volte manca l'uomo. Cosa diremo domani a quella bambina simbolo, a Giorgia di quattro anni?

Ogni terremoto dimenticato rende in macerie la nostra coscienza; ogni frana dimenticata sgretola la nostra coscienza; ogni alluvione dimenticata infanga la nostra coscienza! Dio benedica i morti, i superstiti e gli uomini di buona volontà. Il Vescovo di Ascoli Piceno, Mons. Giovanni d'Ercole nell'omelia delle esequie davanti al Crocifisso portato dalla polvere delle macerie all'altare della Patria italiana, ha offerto l'amore più grande del dolore e la fede più grande della desolazione, citando il libro sacro di Giobbe, al capitolo 19, 25: "Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!" . Tra le macerie, sulla polvere del terremoto si erge quel Crocifisso che ha conosciuto il terremoto del Golgota ai cui piedi ha pregato, ha pianto la Vergine Maria, come ogni madre di questo terremoto, a cui va il nostro abbraccio e il nostro solidale operato. Dalla Cattedrale San Sabino di Canosa di Puglia(BT), Don Nicola Caputo ha rivolto la preghiera della "Madonna del terremoto" che si congiunge nelle nostre mani all'AVE MARIA e così sia!
maestro Giuseppe Di Nunno
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