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Lavoro e giovani, un argomento vecchio

La disamina di Danilo Dell'Aere

Nell'ultima settimana si sono alternati, riguardo il tema mondo del lavoro e giovani, lo chef stellato Alessandro Borghese e l'imprenditore Flavio Briatore. Entrambi hanno espresso la medesima opinione riguardo i giovani che cercano lavoro, di quanto essi siano poco dediti al sacrificio e demotivato dal dover fare gavetta quando si muovono i primi passi nel mondo lavorativo. Che dire? Beh intanto addossare la colpa alle giovani ed ai giovani è un argomento vecchio, perché scaricare la colpa a questi ultimi è sinonimo di scarsa comprensione e percezione dei mutamenti peggiorativi delle condizioni economiche e sociali dei lavoratori in occidente. L'inerzia o la scarsa voglia di lavorare (come abbiamo visto insieme nelle passate riflessioni) sono la naturale conseguenza della progressiva svalutazione del lavoro come mezzo per ottenere un reddito dignitoso e sentirsi parte attiva di una società.

La gavetta è lavoro, può significare dover svolgere mansioni più noiose o pesanti necessarie ad imparare un mestiere o un'arte. Ma è pur sempre lavoro, in quanto patto tra individui dove una delle parti cede tempo ed energie per generare profitto all'altra. Se la gavetta non è retribuita, il nome esatto è sfruttamento.

Il lavoro non è un'offerta, né un regalo, un favore o tantomeno un premio. Sotto il velo della benevolenza imprenditoriale c'è indovinate un po'? La ricerca del profitto. E quando questa si traduce in paghe indecenti e condizioni inumane il lavoratore dovrebbe avere sempre il diritto di tirarsi indietro senza sentirsi in colpa.

Chi accetta condizioni indegne non è una brava lavoratrice o un bravo lavoratore e non ha nemmeno colpe. L'alta concorrenza tra lavoratori unita ad una scarsa attenzione da parte dello Stato provoca una esponenziale asta al ribasso sulle condizioni occupazionali. Chi accetta non lo fa in virtù di un'etica lavorista (per la gloria), ma perché costretto dalle catene del bisogno e della necessità.

Un grande imprenditore non dà il lavoro, lo controlla. Essere dipendente ( o nella sua versione camuffata una piccola partita Iva) non è quasi mai una scelta e neanche la naturale conseguenza di un'attitudine più conservativa. La posizione di un individuo (come abbiamo più volte discusso) nei meccanismi del lavoro è determinata da una serie di fattori esterni, quale ad esempio la provenienza di classe, e spesso agli ultimi è negato il controllo delle proprie traiettorie occupazionali (destino).

Ma ahimè ogni anno esce sempre qualcuno che con inganni comunicativi continua a sponsorizzare un certo tipo di tradizione lavorista.
Danilo Dell'Aere
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