Per le donne in Iran
Per le donne in Iran

Dei diritti e delle pene

La disamina di Serena Stringari

Women, life, freedom! Sono queste le parole che vengono scandite da giorni, in tutte le piazze del mondo, per manifestare a favore delle donne in Iran. Parole che racchiudono la volontà di esprimere la piena solidarietà a donne e uomini che rischiano la propria vita per difendere quel sacrosanto principio di tutela dei diritti umani che noi occidentali spesso diamo per scontato e che in, ancora troppe parti del mondo, rappresenta una difficile conquista. Persino il diritto a manifestare è punito con inaudita ferocia: solo negli ultimi giorni sono stati messi a morte, tramite impiccagione, due giovanissimi manifestanti con l'accusa di "moharebeh" una parola che significa "guerra contro Dio". Quale Dio, ci chiediamo, potrebbe mai giustificare il troncare una giovane vita? Nessun dio è la risposta perché sono gli uomini che nascondendosi dietro una presunta volontà divina, agiscono arbitrariamente per interessi personali. Repressioni messe in atto dalla famigerata "polizia morale" attraverso l'utilizzo di armi da fuoco contro i manifestanti, torture agli stessi o a semplici passanti e arresti indiscriminati con sentenze di condanna sommarie e definitive sono, ormai tristemente, all'ordine del giorno. Nessun processo, nessun diritto ad essere difesi legalmente, confessioni estorte con maltrattamenti; nulla di tutto ciò che a noi appare scontato e sacrosanto per la tutela dell'essere umano viene applicato in Iran. Pene capitali, torture, abusi ecco ciò che è lecito fare da parte di uno stato che fonda sulla dittatura teocratica i suoi principi legislativi. Un regime che è rimasto in piedi soprattutto per gli atti di forza perpetrati nei confronti della popolazione e che non ha fatto altro se non accrescere la rabbia negli abitanti. L'Iran è un paese che, sotto questa guida politica, non sta crescendo né socialmente, né economicamente, anzi vive una crisi seria: da una parte vi è un incremento dell'inflazione e della disoccupazione, dall'altra la corruzione diffusa.

La morte della giovane Masha Amini, causata dalle percosse subite dalla "polizia religiosa" che l'aveva arrestata con l'accusa di non aver indossato bene il velo, è stata la scintilla di una protesta che è divampata come un fuoco tra i giovani che sono ormai insofferenti a questa situazione e che vogliono un cambiamento radicale nel proprio paese. Il fuoco della protesta è ormai inestinguibile perché le generazioni di giovanissimi, scelgono di correre anche il rischio di morire non vedendo speranze per il proprio futuro nella situazione attuale e sentendo di non avere più nulla da perdere. La disperazione è il propellente che alimenta la fiamma della rivolta che nessuna repressione potrà contenere ma solo una riforma del sistema della repubblica islamica con ad esempio l'eliminazione dell'obbligatorietà del velo, l'alleggerimento delle imposizioni legislative e la restrizione dei poteri della guida suprema l'Ayatollah Ali Khamenei. "Non vi vogliamo" questo è il messaggio che i giovani iraniani stanno lanciando e attraverso lo slogan " Donne, vita- dicono la parola vita, non qualcosa di politico- e libertà comunicano al loro governo e al mondo intero, che non torneranno indietro. Questo grido di protesta non può e non deve restare inascoltato! E' compito nostro, a cui tutti siamo chiamati, aggiungere le nostre voci e levarle alte perché la comunità internazionale faccia pressioni sul governo iraniano per mettere fine a questi soprusi, a questi abominevoli comportamenti che calpestano la dignità umana. Che prevalgano finalmente i diritti e termini l'attuazione di pene sproporzionate e disumane.
Serena Stringari
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