Psicologi in pronto soccorso

L'intervento della Dottoreessa Valentina Giagulli

mercoledì 19 maggio 2021 16.44
Sul tema "Psicologi in Pronto soccorso", messo in campo dall'Associazione Culturale Puglia bella, ho il piacere di inviarvi una sintesi dei risultati emersi dall'attività di intervento psicologico su base volontaria, svolto all'interno del Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero Santa Maria degli Angeli di Putignano nell'anno 2017. L'attività in Pronto Soccorso è articolata su più fronti: dalla gestione dell'utente ai famigliari, da situazioni con elevata criticità emotiva e di vita (casi si violenza di genere, incidenti, tentati suicidi, ecc..) alla garanzia di un'accurata assistenza agli utenti dal punto di vista sanitario e relazionale, il tutto in un contesto di emergenza (tempi brevi e numerosità degli accessi) e con specifici criteri di efficienza e organizzazione. L'attività di volontariato effettuata ha portato a dei risultati che, pur se provvisori vista l'esiguità del tempo a disposizione, confermano l'esistenza di bisogni psicologici in Pronto Soccorso, sia tra gli utenti che tra gli operatori. Un'esperienza senza precedenti, come quella riportata, ha ovviamente innescato una pluralità di richieste d'aiuto, evidenziando come siano davvero vasti gli ambiti di applicazione dell'operatività dello psicologo in PS.

I BISOGNI DEGLI UTENTI
1) Essere accolto - conoscere lo spazio: tutti i pazienti, e soprattutto coloro che giungono per la prima volta in Pronto Soccorso, vivono le medesime sensazioni di chiunque si trovi a dovere adattarsi ad uno spazio sconosciuto. Quello che per gli operatori è uno spazio di lavoro "familiare", rappresenta per il paziente uno spazio nuovo, fonte di tutte quelle emozioni caratteristiche di ogni processo di scoperta, per di più vissuto in condizioni fisiche non rassicuranti. - conoscere i tempi: il paziente che accede al Pronto Soccorso sta vivendo un'esperienza di emergenza individuale; scopo del sistema di risposta è inquadrare la singola emergenza in un processo diagnostico/terapeutico che ha tempi propri. L'accordo sui tempi di intervento e la relativa disposizione del paziente ad adattarvisi dipendono in larga misura dalla presenza e dalla qualità professionale/relazionale dell'informazione veicolata dagli operatori. - conoscere le regole di funzionamento del sistema di Pronto Soccorso ( approccio di triage, divisione dei pazienti in medici o chirurgici, attivazione di consulenze esterne, esecuzione di accertamenti diagnostici al di fuori dell'area di Pronto Soccorso, etc.) - trovare uno spazio relazionale adeguato al suo tempo, che è tempo di emergenza; uno spazio preparato all'analisi/contenimento/normalizzazione delle reazioni emotive sempre presenti quando ci si trova a dover fronteggiare una situazione di emergenza fisica.

2) Comunicare sulla patologia - andare oltre il triage: raccontare i fatti, inquadrare il disturbo attuale nella propria storia di vita e/o nella storia della propria malattia. Offrire al paziente la possibilità di essere ascoltato ha già di per sé un valore terapeutico poiché gli permette di esprimere e condividere la sua sofferenza sul piano emotivo/relazionale oltre che su quello fisico. Questo racconto, inoltre, può essere utilizzato come fonte privilegiata per indagare la risposta emotiva del paziente e per valutarne il valore adattivo.

3) Comunicare con gli operatori - andare oltre il sintomo fisico: sentirsi "assistito" in tutti i sensi, sul piano umano oltre che su quello medico. - Passare dalla terapia alla relazione terapeutica. - rendere espliciti i propri bisogni.

4) Essere informato - sulle cause del disturbo - sulle procedure diagnostiche - sul percorso terapeutico - sulle ipotesi prognostiche - sulle risorse del territorio che possono garantirgli una adeguata assistenza una volta superato il momento dell'emergenza. A tale proposito si riporta il valore di attivare un'informazione precisa rispetto ai servizi presenti sul territorio. Un importante intervento è stato quello di fornire i vari luoghi del PS con un elenco aggiornato dei centri antiviolenza attivi sul territorio del sud-est barese quale utile riferimento per pazienti e operatori sanitari nei numerosi casi di violenza (domestica, di genere, bullismo) afferiti in PS. 5) Mantenere il contatto con l'esterno - sapere che i familiari ci sono, dove sono, come stanno reagendo. - sapere che i familiari sono informati sulle condizioni del paziente: nelle mie osservazioni è apparso chiaro come, una volta superata la crisi, divenga prioritario per il paziente fare in modo che i familiari vengano rassicurati.
Dottoressa Valentina Giagulli
, PsicologaPsicoterapeuta, Psicologa dell'Emergenza, Accredited Practitioner EMDR "