Passa la sposa Ilenia con Renato

Focus sulla zita in "archeologia"

mercoledì 25 agosto 2021 16.05
Dopo l'attesa a causa del Covid-19 , il 24 agosto 2021, nella ricorrenza di San Bartolomeo apostolo, hanno offerto i confetti Ilenia Pontino e Renato Tango, operatori della Fondazione Archeologica Canosina, presieduta dal dottor Sergio Fontana. Dal libro "Sulle vie dei ciottoli del dialetto canosino", del 2015 di Giuseppe Di Nunno, offriamo ed evochiamo in cultura archeologica la parola "zita" al passaggio con clacson della zita. La zόte (sost. f.). che significa zita, ragazza, donna nubile. Da ricerche svolte in contatto con l'Accademia della Crusca di Firenze, rileviamo l'origine fiorentina del termine "zita", presente poi in molte regioni d'Italia. Il termine assume il significato di "sposa". Il lemma zito o zita, lo riscopriamo nel Vocabolario delle Accademici della Crusca: la 4^ Edizione del 1738, Vol. 5, pag. 361, riporta la bibliografia di Boccaccio, nel poema Teseide (9,41): "zite ovvero spose". Lo stesso Vocabolario rimanda a Iacopone da Todi, che nel Cantico XXXVII sulla castità, al v. 39, scrive: "Alma che vai a marito, di castitate ornata, lo tuo marito è zito".

Già le Carte dotali del 1500, custodite nell'Archivio Prevostale della Cattedrale San Sabino di Canosa, studiate nella Tesi di Laurea del Dottorato di Mons. Felice Bacco, attestano la terminologia del "corredo della zita". Il lemma di origione fioretina si diffonde in Toscana, associato a Santa Zita, nata nel 1218, con la venerazione della città di Lucca, di cui è compatrona. Lo stesso Dante Alighieri cita "santa Zita", tra i Magistrati di Lucca: "ecco un degli anzian di santa Zita" (Inferno, canto XXI, v. 37). Ma il nome di persona "Zita", si diffonde nel Veneto, anche in omaggio alla principessa "Zita d'Asburgo", nel matrimonio del 1911.

Nel rito della festa degli sposi si gustano anche i maccheroni degli "ziti": si tratta di un formato di pasta nata nell'800, associati alla festa della zita, come "pasta della zita". Da bambini, nel '900, tante volte abbiamo spezzato con le mani gli ziti lunghi, facendo poi l'aquilone con la carta dei maccheroni. Ma fra i maccheroni napoletani c'erano "ziti, mezzi ziti, zitoni e schiaffoni (scecappéune)".

Auguri! Mu pàsse la zòte! "Ora passa la sposa"!. Così ho detto il 15 aprile 2013, uscendo dalla Cattedrale di San Sabino, verso le ore 13,00, al professor Francesco Sabatini, in visita al Liceo "Enrico Fermi" di Canosa, discutendo delle origini fiorentine della parola "zita".

Ma in archeologia la festa ' detta anche "u spusalìzie", lo sposalizio. E noi ragazzi non usavamo tanto la parola "matrimonio", ma dicevamo "u spusalizie" nelle radici letterarie del latino "sponsus" che corrisponde a "promesso sposo". Infatti nella civiltà romana le nozze erano precedute dagli "sponsalia", cerimonia solenne con la quale si compiva la promessa di matrimonio, con un preciso impegno giuridico e affettivo. Il termine "lo Sposalizio" viene suggellato mirabilmente nell'arte del 1504 da Raffello nel dipinto dello "Sposalizio della Vergine".

Auguri alla zita Ilenia e allo sposo Renato!
A Ilenia sposa
archeologica di Canosa,
allo sposo Renato
nelle radici innamorato.


Ho detto agli invitati: "sei di brodo?", evocando "il brodo delle feste" offerto dalla gallina nelle cerimonie e nel banchetto degli sposi dal Medioevo. Ma quale brodo! Ilenia e Renato hanno offerto un banchetto conviviale regale!
Si fa sera,
gli sposi consegnano la bomboniera,
e al Signore fanno una preghiera.

Maestro Peppino Di Nunno, a nome della Redazione di Canosaweb, esprime felicitazioni vivissime agli sposi