Il cambiamento climatico rappresenta la principale sfida ambientale
L'intervento della Senatrice Assuntela Messina
domenica 25 novembre 2018
21.34
Al termine dei lavori per il "Tavolo sul Piano Energia e Clima", organizzato da TES (Transizione Ecologica Solidale) svoltosi a Roma, al fine di riportare al centro del dibattito pubblico il delicatissimo tema del cambiamento climatico, la Senatrice Assuntela Messina(Pd) ha fatto pervenire la seguente nota . "Il cambiamento climatico rappresenta la principale sfida ambientale della nostra epoca, con implicazioni di enorme rilievo anche sotto il profilo economico e sociale. Secondo il recente rapporto dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), organo tecnico di supporto alla Convenzione ONU sul Clima, per stabilizzare il sistema climatico e contenere l'innalzamento della temperatura media globale entro i 2°C dovremmo invertire il trend storico e tagliare drasticamente le emissioni climalteranti, fino ad arrivare a metà secolo a emissioni nette prossime allo zero. Per raggiungere tale obiettivo è essenziale dare attuazione alle determinazioni dell'Accordo di Parigi del 2015, il quale, ad oggi, rappresenta il più alto risultato raggiunto in materia di salvaguardia ambientale. Purtroppo, però, l'atteggiamento incerto di alcuni Governi mette in forte discussione la valenza di quell'Accordo, nonostante tutta la comunità scientifica internazionale sia concorde con la necessità di agire con immediatezza e vigore per contrastare il fenomeno del cambiamento climatico. L'Italia e l'Europa ricoprono, da oltre 10 anni, ruoli da protagonista nella lotta al climate change: molto si è fatto per ridurre le emissioni e l'utilizzo di combustibili fossili, favorire l'efficientamento energetico e promuovere le fonti di energia rinnovabile, e moltissimo è in programma per il prossimo futuro.
In questo contesto, il nostro Paese e l'Unione Europea sono attualmente impegnati nel definire una strategia di lungo termine (a trent'anni) che sia il simbolo della ferma volontà dell'Europa di assumere una forte leadership globale nel tradurre in realtà gli impegni presi con l'Accordo di Parigi. A tal fine sono ispirati gli incontri organizzati da TES (Transizione Ecologica Solidale) e tra questi il Tavolo sul Piano Energia e Clima (Roma, 19 novembre) ha visto il mio diretto coinvolgimento in qualità di decisore. In particolare sono emersi alcuni temi di rilevante importanza, che credo siano fondamentale presupposto e definizione di una base di riflessione proficua attorno al problema del cambiamento climatico. Il punto di partenza di un ragionamento maturo rispetto all'emergenza ambientale non può che essere la necessità di dare una vera centralità al tema del cambiamento climatico. Infatti, se all'estero l'argomento è quotidianamente coperto dai principali organi di stampa e, di conseguenza, percepito come urgente dall'opinione pubblica, in Italia è a volte ridotto a mero oggetto di propaganda elettorale, vittima di strumentalizzazioni politiche e utile solo come mezzo di contrapposizione a fini di consenso. Considerato tale contesto, la prima pressante esigenza è quella di stimolare un dibattito serio attorno al tema: un'attenzione che coinvolga l'opinione pubblica in una discussione autentica e permanente e che porti ad una reale sensibilizzazione della cittadinanza rispetto alla criticità del problema e alle sue future conseguenze.
Promuovere un'azione di mobilitazione intorno alla questione, però, non è soltanto utile a smuovere le coscienze della società civile, ma è innanzitutto essenziale per stimolare quel complesso di idee e quel sentiment che solleciti il Governo nazionale ad assumere una posizione netta. Uno dei motivi per cui, in Italia, al tema del cambiamento climatico è riservato uno spazio irrisorio, risiede proprio nel fatto che si è spesso mantenuto un atteggiamento a volte poco attivo e dinamico rispetto alle questioni ambientali. Il nostro primo obiettivo, dunque, dev'essere quello di fondare un dialogo tra tutti i soggetti interessati, di riportare il tema al centro dell'agenda governativa e dell'attenzione pubblica e di esigere una trattazione costante e approfondita, diffondendo le informazioni concernenti le cause e le conseguenze del più grande problema di questo secolo, affinché tutti possano sentirsi partecipi delle trasformazioni sociali, economiche e culturali che la sua risoluzione richiede.
Questo processo di azione e consapevolezza non può prescindere da una politica che ha il dovere di riappropriarsi del ruolo suo proprio, smettendo di ragionare unicamente secondo le logiche dell'emergenza e ritornando a prevedere ed anticipare il futuro. La classe politica deve riscoprire il coraggio di dotarsi di una prospettiva di lungo termine, ritrovare la capacità di riflettere e analizzare i fenomeni attuali per trovare oggi le soluzioni del domani. Insomma, deve ritornare a guidare il cambiamento, non esserne la vittima inerme; deve agire e non rimediare. Molto spesso, in passato, ci si è mossi, a proposito di ambiente, con azioni incoerenti, disarticolate e non di rado lontane dalla realtà economica e sociale del Paese. Abbiamo assistito a misure e provvedimenti prodotti a tavolino, rispondenti più a logiche elettorali che alla reale necessità di cambiare il nostro approccio alle politiche energetiche e ambientali. Oggi, al cospetto di una delle più grandi sfide che l'uomo sia mai stato costretto a fronteggiare, è assolutamente indispensabile invertire la rotta e inaugurare una nuova stagione politica. Agire nel segno della discontinuità, pur consapevoli che anche la discontinuità, soprattutto se di queste dimensioni, implica un processo che avanza per gradi e non produce mai veri strappi. Il nostro percorso deve consolidarsi nella "costante adozione" di un approccio sistemico e multidimensionale.
Pensare al cambiamento climatico come ad una questione solo ambientale significa non avere affatto chiara la portata del problema e delle sue ripercussioni. È importante, invece, considerare la dimensione sociale, economica e culturale delle soluzioni che si vogliono dare, ragionare intorno ad un'azione di sistema, consci del fatto che ad una questione di tale entità, è necessario rispondere con una soluzione di pari grandezza. Lo scopo di fondo è preparare e compiere una vera e propria transizione ecologica: un passaggio che affondi le sue radici nella riduzione dell'uso dei combustibili fossili fino alla totale esclusione, e che miri a implementare costantemente la produzione e l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, promuovendo, al contempo, l'incremento dei livelli di efficienza energetica. Il progetto politico deve però tenere conto di tanti elementi di sensibilità, dato che la transizione potrebbe risultare in certi casi inaccettabile o costosa. È per questa ragione che è necessario agire attraverso la lente della SOLIDARIETÀ, tenendo conto delle differenti geografie sociali ed economiche del Paese, affinché l'esigenza di cambiamento sia compresa e, di conseguenza, questo venga percepito e vissuto con consapevolezza.
Un'altra linea direttrice della transizione deve senz'altro consistere nell'orizzontalità, come valore e come metodo. Non possiamo farci promotori di una trasformazione epocale senza preoccuparci di chiamare in causa i soggetti che in prima battuta governano il territorio. Il processo che siamo chiamati ad attuare deve partire dal basso, dalla più ampia condivisione delle scelte necessarie. Per far ciò, è fondamentale insistere nelle interlocuzioni con gli enti locali e le regioni, i quali, grazie alla maggiore prossimità con i cittadini, possono svolgere una funzione essenziale nel mediare con le comunità territoriali, giovando anche e non solo all'accettabilità sociale delle soluzioni individuate. L'azione di una strategia chiara e multisettoriale, però, potrebbero portare a risultati parziali o addirittura non sufficienti a raggiungere gli obiettivi preposti se le decisioni della politica non fossero accompagnate da una rinnovata sensibilità rispetto al tema. La società civile svolge un ruolo centrale nella lotta al cambiamento climatico. La politica deve essere in grado di trasmettere la criticità di questa fase e creare quegli elementi che stimolino la crescita di una cultura civica diffusa. La consapevolezza della fragilità dell'ecosistema, la conoscenza dei delicati equilibri che regolano il pianeta devono appartenere a tutti. Perché il dramma del surriscaldamento globale non si risolve a colpi d'interventi normativi: è indispensabile che nasca e maturi nella coscienza dei cittadini l'improrogabile necessità di preservare l'ambiente dalle pratiche nocive. Per ottenere ciò, la politica deve impegnarsi, anche mediante un dialogo continuo come detto in precedenza, a instillare i semi di una cultura diversa, molto meno dipendente dal consumo compulsivo e di gran lunga più orientata al riutilizzo e alla conservazione. In breve, per offrire una soluzione duratura al cambiamento climatico deve cambiare non solo il quadro normativo, ma anche il modo di produrre e consumare e, di conseguenza, parte delle nostre abitudini.
Il climate change è spesso visto e vissuto, a ragione, come un drammatico problema. E, in effetti, lo è. Ma io credo che non sia solo questo. Io credo che il cambiamento climatico rappresenti anche un'enorme opportunità per il nostro Paese, l'Europa e l'intera comunità internazionale. La situazione che si è andata costituendo ci mette oggi dinanzi ad una scelta dirimente e per certi versi dolorosa, ma che rappresenta una vera occasione per correggere e riorganizzare il modo come viviamo e abitiamo il pianeta. Per di più, operare scelte coraggiose, soprattutto nel settore energetico, offre eccellenti prospettive economiche e occupazionali, come gli sforzi degli ultimi anni hanno ampiamento dimostrato. La transizione dai combustili fossili alle fonti di energia rinnovabile produrrà lavoro e benessere, oltre che rendere l'ambiente ogni giorno più salubre. Per centrare gli obiettivi di Parigi, dunque, bisogna innanzitutto programmare investimenti massicci e crescenti nel settore energetico e sulla conversione delle fonti di energia. Questo significa investire nelle tecnologie che ci permettono di produrre energia pulita e di farlo in misura sempre maggiore; significa stimolare con lo strumento della legge gli interventi per aumentare l'efficienza energetica nell'uso civile e industriale; vuol dire imporre tasse e sanzioni per diminuire sensibilmente le emissioni inquinanti.
Nel corso degli anni, come si diceva, l'alternarsi dei governi nazionali ha generato la produzione di norme non sempre adeguate alla velocità che i cambiamenti impongono. Ma non tutto ciò che è stato fatto in passato è da ritenere inutile. Anzi, dobbiamo riabilitare gli interventi positivi e archiviare i provvedimenti regressivi. Dobbiamo ragionare sugli strumenti a nostra disposizione e incrementare il nostro impegno per escogitarne di nuovi, anche intercettando le best practices di altri ordinamenti. Dobbiamo rispondere ai nuovi scenari accompagnando l'analisi della questione con un serio pacchetto normativo che interessi tutti gli ambiti sensibili, dotandolo di risorse adeguate e di strumenti efficaci. In questi mesi di legislatura, ci siamo impegnati anche su questi temi, avendo avanzato, insieme con i colleghi del PD in Commissione Ambiente del Senato, due proposte di AFFARE ASSEGNATO: la prima nasce dall'esigenza di comprendere le problematiche ambientali che scaturiscono dalla presenza nel nostro ordinamento di incentivi fiscali e sussidi di varia natura che comportano ricadute sul territorio, sull'ambiente e sui beni ambientali; la seconda riguarda proprio le valutazioni di impatto della Strategia Energetica Nazionale in materia di riduzione delle emissioni. Abbiamo la responsabilità di gestire e governare il più radicale dei cambiamenti, di rafforzare i presupposti di un'economia green per una green society. Invertendo la rotta e realizzando il coraggio di immaginare un futuro diverso".
In questo contesto, il nostro Paese e l'Unione Europea sono attualmente impegnati nel definire una strategia di lungo termine (a trent'anni) che sia il simbolo della ferma volontà dell'Europa di assumere una forte leadership globale nel tradurre in realtà gli impegni presi con l'Accordo di Parigi. A tal fine sono ispirati gli incontri organizzati da TES (Transizione Ecologica Solidale) e tra questi il Tavolo sul Piano Energia e Clima (Roma, 19 novembre) ha visto il mio diretto coinvolgimento in qualità di decisore. In particolare sono emersi alcuni temi di rilevante importanza, che credo siano fondamentale presupposto e definizione di una base di riflessione proficua attorno al problema del cambiamento climatico. Il punto di partenza di un ragionamento maturo rispetto all'emergenza ambientale non può che essere la necessità di dare una vera centralità al tema del cambiamento climatico. Infatti, se all'estero l'argomento è quotidianamente coperto dai principali organi di stampa e, di conseguenza, percepito come urgente dall'opinione pubblica, in Italia è a volte ridotto a mero oggetto di propaganda elettorale, vittima di strumentalizzazioni politiche e utile solo come mezzo di contrapposizione a fini di consenso. Considerato tale contesto, la prima pressante esigenza è quella di stimolare un dibattito serio attorno al tema: un'attenzione che coinvolga l'opinione pubblica in una discussione autentica e permanente e che porti ad una reale sensibilizzazione della cittadinanza rispetto alla criticità del problema e alle sue future conseguenze.
Promuovere un'azione di mobilitazione intorno alla questione, però, non è soltanto utile a smuovere le coscienze della società civile, ma è innanzitutto essenziale per stimolare quel complesso di idee e quel sentiment che solleciti il Governo nazionale ad assumere una posizione netta. Uno dei motivi per cui, in Italia, al tema del cambiamento climatico è riservato uno spazio irrisorio, risiede proprio nel fatto che si è spesso mantenuto un atteggiamento a volte poco attivo e dinamico rispetto alle questioni ambientali. Il nostro primo obiettivo, dunque, dev'essere quello di fondare un dialogo tra tutti i soggetti interessati, di riportare il tema al centro dell'agenda governativa e dell'attenzione pubblica e di esigere una trattazione costante e approfondita, diffondendo le informazioni concernenti le cause e le conseguenze del più grande problema di questo secolo, affinché tutti possano sentirsi partecipi delle trasformazioni sociali, economiche e culturali che la sua risoluzione richiede.
Questo processo di azione e consapevolezza non può prescindere da una politica che ha il dovere di riappropriarsi del ruolo suo proprio, smettendo di ragionare unicamente secondo le logiche dell'emergenza e ritornando a prevedere ed anticipare il futuro. La classe politica deve riscoprire il coraggio di dotarsi di una prospettiva di lungo termine, ritrovare la capacità di riflettere e analizzare i fenomeni attuali per trovare oggi le soluzioni del domani. Insomma, deve ritornare a guidare il cambiamento, non esserne la vittima inerme; deve agire e non rimediare. Molto spesso, in passato, ci si è mossi, a proposito di ambiente, con azioni incoerenti, disarticolate e non di rado lontane dalla realtà economica e sociale del Paese. Abbiamo assistito a misure e provvedimenti prodotti a tavolino, rispondenti più a logiche elettorali che alla reale necessità di cambiare il nostro approccio alle politiche energetiche e ambientali. Oggi, al cospetto di una delle più grandi sfide che l'uomo sia mai stato costretto a fronteggiare, è assolutamente indispensabile invertire la rotta e inaugurare una nuova stagione politica. Agire nel segno della discontinuità, pur consapevoli che anche la discontinuità, soprattutto se di queste dimensioni, implica un processo che avanza per gradi e non produce mai veri strappi. Il nostro percorso deve consolidarsi nella "costante adozione" di un approccio sistemico e multidimensionale.
Pensare al cambiamento climatico come ad una questione solo ambientale significa non avere affatto chiara la portata del problema e delle sue ripercussioni. È importante, invece, considerare la dimensione sociale, economica e culturale delle soluzioni che si vogliono dare, ragionare intorno ad un'azione di sistema, consci del fatto che ad una questione di tale entità, è necessario rispondere con una soluzione di pari grandezza. Lo scopo di fondo è preparare e compiere una vera e propria transizione ecologica: un passaggio che affondi le sue radici nella riduzione dell'uso dei combustibili fossili fino alla totale esclusione, e che miri a implementare costantemente la produzione e l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, promuovendo, al contempo, l'incremento dei livelli di efficienza energetica. Il progetto politico deve però tenere conto di tanti elementi di sensibilità, dato che la transizione potrebbe risultare in certi casi inaccettabile o costosa. È per questa ragione che è necessario agire attraverso la lente della SOLIDARIETÀ, tenendo conto delle differenti geografie sociali ed economiche del Paese, affinché l'esigenza di cambiamento sia compresa e, di conseguenza, questo venga percepito e vissuto con consapevolezza.
Un'altra linea direttrice della transizione deve senz'altro consistere nell'orizzontalità, come valore e come metodo. Non possiamo farci promotori di una trasformazione epocale senza preoccuparci di chiamare in causa i soggetti che in prima battuta governano il territorio. Il processo che siamo chiamati ad attuare deve partire dal basso, dalla più ampia condivisione delle scelte necessarie. Per far ciò, è fondamentale insistere nelle interlocuzioni con gli enti locali e le regioni, i quali, grazie alla maggiore prossimità con i cittadini, possono svolgere una funzione essenziale nel mediare con le comunità territoriali, giovando anche e non solo all'accettabilità sociale delle soluzioni individuate. L'azione di una strategia chiara e multisettoriale, però, potrebbero portare a risultati parziali o addirittura non sufficienti a raggiungere gli obiettivi preposti se le decisioni della politica non fossero accompagnate da una rinnovata sensibilità rispetto al tema. La società civile svolge un ruolo centrale nella lotta al cambiamento climatico. La politica deve essere in grado di trasmettere la criticità di questa fase e creare quegli elementi che stimolino la crescita di una cultura civica diffusa. La consapevolezza della fragilità dell'ecosistema, la conoscenza dei delicati equilibri che regolano il pianeta devono appartenere a tutti. Perché il dramma del surriscaldamento globale non si risolve a colpi d'interventi normativi: è indispensabile che nasca e maturi nella coscienza dei cittadini l'improrogabile necessità di preservare l'ambiente dalle pratiche nocive. Per ottenere ciò, la politica deve impegnarsi, anche mediante un dialogo continuo come detto in precedenza, a instillare i semi di una cultura diversa, molto meno dipendente dal consumo compulsivo e di gran lunga più orientata al riutilizzo e alla conservazione. In breve, per offrire una soluzione duratura al cambiamento climatico deve cambiare non solo il quadro normativo, ma anche il modo di produrre e consumare e, di conseguenza, parte delle nostre abitudini.
Il climate change è spesso visto e vissuto, a ragione, come un drammatico problema. E, in effetti, lo è. Ma io credo che non sia solo questo. Io credo che il cambiamento climatico rappresenti anche un'enorme opportunità per il nostro Paese, l'Europa e l'intera comunità internazionale. La situazione che si è andata costituendo ci mette oggi dinanzi ad una scelta dirimente e per certi versi dolorosa, ma che rappresenta una vera occasione per correggere e riorganizzare il modo come viviamo e abitiamo il pianeta. Per di più, operare scelte coraggiose, soprattutto nel settore energetico, offre eccellenti prospettive economiche e occupazionali, come gli sforzi degli ultimi anni hanno ampiamento dimostrato. La transizione dai combustili fossili alle fonti di energia rinnovabile produrrà lavoro e benessere, oltre che rendere l'ambiente ogni giorno più salubre. Per centrare gli obiettivi di Parigi, dunque, bisogna innanzitutto programmare investimenti massicci e crescenti nel settore energetico e sulla conversione delle fonti di energia. Questo significa investire nelle tecnologie che ci permettono di produrre energia pulita e di farlo in misura sempre maggiore; significa stimolare con lo strumento della legge gli interventi per aumentare l'efficienza energetica nell'uso civile e industriale; vuol dire imporre tasse e sanzioni per diminuire sensibilmente le emissioni inquinanti.
Nel corso degli anni, come si diceva, l'alternarsi dei governi nazionali ha generato la produzione di norme non sempre adeguate alla velocità che i cambiamenti impongono. Ma non tutto ciò che è stato fatto in passato è da ritenere inutile. Anzi, dobbiamo riabilitare gli interventi positivi e archiviare i provvedimenti regressivi. Dobbiamo ragionare sugli strumenti a nostra disposizione e incrementare il nostro impegno per escogitarne di nuovi, anche intercettando le best practices di altri ordinamenti. Dobbiamo rispondere ai nuovi scenari accompagnando l'analisi della questione con un serio pacchetto normativo che interessi tutti gli ambiti sensibili, dotandolo di risorse adeguate e di strumenti efficaci. In questi mesi di legislatura, ci siamo impegnati anche su questi temi, avendo avanzato, insieme con i colleghi del PD in Commissione Ambiente del Senato, due proposte di AFFARE ASSEGNATO: la prima nasce dall'esigenza di comprendere le problematiche ambientali che scaturiscono dalla presenza nel nostro ordinamento di incentivi fiscali e sussidi di varia natura che comportano ricadute sul territorio, sull'ambiente e sui beni ambientali; la seconda riguarda proprio le valutazioni di impatto della Strategia Energetica Nazionale in materia di riduzione delle emissioni. Abbiamo la responsabilità di gestire e governare il più radicale dei cambiamenti, di rafforzare i presupposti di un'economia green per una green society. Invertendo la rotta e realizzando il coraggio di immaginare un futuro diverso".