San Sabino e San Benedetto da Norcia
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Storia e dintorni

SABINO, Il primo Santo pugliese

La nota di apprezzamento dell'opera del Professor Pasquale Di Nunno

Ho letto (per i tre/quarti) il volume "SABINO, Il primo Santo pugliese"Da Canosa all'Oriente, per l'unità della Chiesa - a cura di Don Felice Bacco, Pasquale Ieva e Sandro Sardella, per l' Editrice Rotas. E' stata una lettura accompagnata da pause di riflessione, da un lato, sulla metodologia storiografica che gli Autori hanno adottato e sviluppato, dall'altro sulle scelte storico – antropologico – teologiche che emergono da molte pagine. Mi corre l'obbligo di esprimere a Mons. Felice Bacco, parroco della Cattedrale San Sabino di Canosa di Puglia, anzitutto, il mio vivo apprezzamento (e, se mi è lecito sottolinearlo, è l'apprezzamento di un titolare della cattedra di Filosofia e di Storia e di un vincitore di due cattedre con la componente delle scienze storiche) per il rigore storiografico e per il coraggio intellettuale nel comporre tasselli eterogenei della figura e dell'opera del Vescovo Sabino. Non sono pochi gli scritti o gli articoli sulla figura del vescovo Sabino; ma in questi scritti e articoli si mescolano in modo scorretto presunti dati, testimonianze non validate, tradizioni che riflettono più il non affidabile genere letterario dell'agiografia a una puntuale documentata verifica dei documenti.

A pag. 28 leggo: "E' nostro intento riportare solo fatti e informazioni storicamente documentati e supportati anche da fonti ufficiali". Ammiro il coraggio di Mons. Felice Bacco nel prendere le distanze da tante pagine scritte, che nulla hanno di storicamente documentato: "Pertanto, non ci fermeremo in questo contributo a riproporre e considerare gli episodi più popolari della sua vita …". Ed ancora: "Eviteremo riferimenti ad alcuni racconti ritenuti più popolari, riportati nel testo dell'Anonimo Canosino che, secondo gli studiosi … redatto in due periodi diversi". Non nascondo – non ho mai parlato di quanto mi accingo a confidare – che, quando ero studente a Molfetta e a Napoli, ho sempre guardato con distacco o, forse, con una certa diffidenza alla fonte dell' "Anonimo Canosino", perché a mio avviso, la sua Vita riprende i tratti tipici del genere letterario dell'agiografia e reputo arduo riuscire a distinguere in modo rigoroso quanto sia documentabile e quanto sia frutto del lessico e del genere letterario tipici dell'agiografia.

Ho molto apprezzato l'ampio spazio dato, con un opportuno corredo di precisazioni cristologiche, la sezione, per così dire, caratterizzata dal più robusto spessore storico; vale a dire i paragrafi dedicati a "San Sabino, difensore e promotore dell'unità della Chiesa". Concordo che la partecipazione ai Concili di Costantinopoli del 525 e del 536 come al successivo Sinodo Romano siano davvero i "monumenta" per ricostruire il profilo teologico pastorale del vescovo Sabino.

Ho letto con attenzione la sezione dedicata dall'autore Pasquale Ieva a "San Sabino e il suo tempo". Ho spesso pensato che, per intendere l'originalità dell'azione culturale – pastorale del Vescovo Sabino, si dovesse ricostruire con attenzione il contesto del tempo, caratterizzato tra il V e il VI secolo da una società che da una cultura per così dire latina, evolveva verso un contesto – diremmo oggi – "multietnico". Al di là della figura di Teodorico, ben disegnata dal professor Ieva, meriterebbe maggiore spazio il fatto che il vescovo Sabino si è dovuto confrontare con un nuovo scenario socio – antropologico – culturale, che è quello che segue alla discesa, per dirla con lo storico Ennodio, di "innumerae Gothorum catervae" a partire dal 489. E, si faccia attenzione, parliamo non dei Visigoti, ma degli Ostrogoti: e il loro impatto con quello che restava della Res Publica romana fu destabilizzante, se non lacerante. La manualistica parla in proposito con superficialità di "regni romano - barbarici": a mio avviso, una etichetta descrittiva, neutra, che non dà ragione della nuova cultura giuridico – sociale che viene fuori da questo scontro tra modi di pensare e di organizzare la convivenza umana fortemente differenti tra le genti "romane" e i nuovi arrivi. Credo che su questo terreno la figura di Sabino dovrebbe essere ripensata e che in questo quadro il suo porsi come costruttore di una civitas intorno alla cattedra episcopale meriti maggiore attenzione.

Molto interessanti le ipotesi formulate dal dottor Sandro Giuseppe Sardella sul rapporto tra la categoria giuridico – politica della "potestas" e quella della "auctoritas". Condivido con il dottore che la cultura e l'iniziativa teologico – politica del Vescovo Sabino siano state "intrise" di questa concezione. Personalmente sono incline a ritenere che la scelta teologico – politica del vescovo Sabino, come quello di alcuni papi di questa e delle successive stagioni storiche, sia stata decisamente avversa al modello del "cesaropapismo", che – non dimentichiamolo – continuerà a caratterizzare l'operato di Carlo Magno fino alla stagione della cosiddetta "lotta per le investiture". Ma, a mio avviso, è arduo spingersi oltre, perché le categorie giuridiche di di non sono state sempre ben definite, soprattutto nella stagione dei cosiddetti regni romano – barbarici. Comunque, un dibattitto davvero interessante.

Non mi resta che ribadire il mio apprezzamento alla puntuale, corretta, documentata ricerca storica dei tre autori di questa opera. La Chiesa di Canosa e la ricerca storica ve ne sono grati.
Prof. Pasquale Di Nunno
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