Storia e dintorni

Il Ponte Romano sull’Ofanto e i canosini, un rapporto difficile

Dovrebbe costituire un vanto per la nostra città

La manifestazione di ieri sera, mercoledì 10 agosto, "E le stelle stanno a guardare", riporta al centro dell'attenzione, almeno per una volta all'anno, quell'autentico gioiellino che è il Ponte Romano sull'Ofanto di Canosa.

Costruito tra il I e il II secolo d.c., sia pur rimaneggiato nel corso dei secoli successivi, il Ponte Romano sull'Ofanto dovrebbe costituire un vanto per la nostra città.

Purtroppo però, la lontananza dal centro abitato ha fatto si che troppe volte il nostro Ponte sull'Ofanto venisse dimenticato e abbandonato a se stesso.

Più volte, su questo stesso sito, il maestro Peppino di Nunno ha lanciato alte grida di dolore per lo stato di abbandono e di degrado in cui il Ponte si è spesso venuto a trovare (vedi ad es . http://www.canosaweb.it/canosa/informa/2478.html)

Ed ancora lo scorso aprile, il sindaco di Canosa, Francesco Ventola, si vedeva costretto a scrivere al sindaco di Cerignola, Antonio Giannatempo affinché si potesse provvedere, insieme, alla pulizia del Ponte, vista la presenza di materiale di risulta edilizia (tra i quali l'eternit). Il Ponte inoltre risultava imbrattato da scritte.

Per comprendere l'importanza del nostro Ponte, riporto un passaggio da un interessante reportage di Sergio Frau dedicato a Canosa e al Ponte Romano, apparso su Repubblica del 18 Agosto 1999.

Sergio Frau è uno dei migliori giornalisti italiani che si interessi di archeologia: è, tra l'altro, il sostenitore dell'ipotesi che le Colonne d'Ercole anticamente fossero situate sul Canale di Sicilia e che lo spostamento a Gibilterra sia dovuto ai Romani.

Nel 1999 Sergio Frau, ebbe l'incarico di scrivere, per Repubblica, una serie di reportage archeologici; l'articolo che riguardava anche Canosa era intitolato:

"La Via Appia, una regina di Pietra":

"[…] Canosa di Diomede, fascinosa da sempre con roba normanna del Mille e quella sua tomba di Boemondo, figlio di Roberto il Guiscardo, che slarga l' orizzonte e apre il mare fin giù in Terra Santa, ché pellegrini e crociati spesso da qui passavano per poi imbarcarsi, superate Bari ed Egnazia, da Brindisi.

[…] Sapendo che, sperso nella campagna tra Benevento e Canosa, sull' Ofanto, c' è
un ponte romano dell'Appia sopravvissuto ai tedeschi e al terremoto che qui in zona ne hanno fatti fuori assai, uno s' intigna per trovarlo per cercarvi suggestioni alla Goethe.

E si ritrova a far la parte del Gabibbo. Il ponte c' è. E' anche sperso nella campagna, seppur mal circondato da fabbriconi. Ma a vederlo stringe il cuore. Lo bloccano da una parte e dall' altra una decina di enormi cubi di cemento messi lì da tempo che i rampicanti tentano di conquistare. Invece di un cartello che ne racconti la storia, ce n' è un altro, già mezzo andato, che fa cronaca: "Comune di Canosa di Puglia. Restauro del Ponte Romano. Finanziamento Regione Puglia, Assessorato al Turismo e Beni culturali. Importo lavori lire 547.135.245. Cofinanziamento della Comunità Europea".
Con tanto di nomi di progettisti e direttore lavori che, se servono, sono scritti lì e chiunque può chieder conto di quel mezzo miliardo.
Tra Benevento e Canosa i semafori danno contemporaneamente il verde e il rosso. Le frecce indicano in direzioni opposte le stesse località.
Muraglie di immondizia sposano cartelloni stradali scrostati per un trionfo trash. Questa tra Minturno, Capua e Canosa è davvero l' Appia Marcia: il percorso, verde, era bellissimo, andrebbe solo scrostato dello schifo che gli hanno appiccicato addosso […]".

Sono passati 12 anni da quest'articolo; da 3 anni, almeno per un giorno, il Ponte Romano torna a far parte della vita dei canosini.

Francesco Morra

Ps: Link all'articolo integrale di Sergio Frau:

http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/mediterraneo/cinque/cinque.html
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