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Una ex-vittima della Shoah incontra gli alunni dell’Istituto Comprensivo”Bovio Mazzini”

Elvira a distanza di anni ricorda ancora quelle scarpette n° 24 che la mamma fece indossare al fratello il giorno della retata

Elvira Sarli Gianfaldoni: una scrittrice ex-deportata! Una ex vittima della Shoah che ha scritto in base alla sua storia il libro: "Il cratere nella pianura" incontra gli alunni dell'Istituto Comprensivo"Bovio Mazzini", con canti, brani strumentali e componimenti poetici sulla Shoah per non dimenticare.

Ricordi pieni di poesia, rimpianti carichi di affetti, scene drammatiche e strazianti di guerra e di prigionia, delicate impressioni, piccoli, umili dettagli che vanno a comporsi nel 'cratere' di una pianura che simboleggia un pezzo di umanità travolto dalla guerra come tanti altri in tutto il mondo. Un 'cratere' che, mezzo secolo dopo, conserva il senso di un monito, un impeto di speranza"«Un cratere, mi sembrò quel posto, un cratere nella pianura. Nel suo profondo si erano confuse le vite di tanti sconosciuti, accomunati da una follia che gli uomini chiamano guerra. Ne venimmo fuori tormentosamente, migliori, chissà, certo diversi. Un cratere, dove tante vite, una vita, quella di Mino, si era consumata e noi scorrevamo via come la lava, con la memoria bruciata dal dolore» .La scrittrice racconta che una mattina i nazisti presero suo padre e lo portarono in un campo di concentramento per militari poiché faceva parte delle forze armate. Pochi giorni dopo i nazisti buttarono letteralmente fuori dalla loro casa, dal loro nido di protezione, lei di 8 anni, la madre e il suo piccolo fratello di appena 2 anni. Furono trasportati con un treno diretto nei campi di concentramento e appena arrivati lì i nazisti davano indicazioni dove andare. Gli indicarono un grande capannone e i posti dove poter dormire e mangiare. Erano fatti di paglia e fieno e grandi all' incirca 1 mq, e tra l'altro anche poco puliti. Dopo pochi giorni di digiuno iniziarono a capire cosa fosse la fame, la vera fame e proprio allora Elvira da bambina quale era diventò tutto ad un tratto donna. Nonostante tutte le attenzioni che lei e la madre potessero dargli, dopo pochi mesi il fratellino morì tra le braccia di sua madre per gli stenti e per le ferite che i nazisti gli procuravano.
Elvira a distanza di anni ricorda ancora quelle scarpette n° 24 che la mamma fece indossare al fratello il giorno della retata.

Il Giorno della Memoria non deve essere solo un evento commemorativo, ma soprattutto un evento culturale e didattico che valga come monito alle future generazioni perché mai più si ripeta che la guerra violi i diritti fondamentali di libertà di coscienza e di pensiero ma per comprendere, ricordare e garantire un futuro migliore all'umanità e alla nostra società.

Prof.ssa Grazia Di Nunno
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