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Vita di città

La storia di Nenucce Sciu-Sciu, a cura Savino Losmargiasso

Mosca Sabino, alias "Nenucce Sciu-Sciu". Riproduzione vietata anche parziale

Si chiamava Mosca Sabino ma tutti lo chiamavano "Sciù Sciù" onomatopea intraducibile, dovuto forse alla sua pronuncia biascicata, o forse gli mancava qualche luna.
Sciù Sciù, non aveva un lavoro fisso, d'inverno sbrigava lavori occasionali di sera si prestava come inserviente nel Teatro delle marionette "Lorenzo DELL'AQUILA" e gratuitamente, assisteva allo spettacolo. D'estate faceva l'acquaiolo e nelle prime ore del mattino forniva d'acqua i quartieri meno serviti del paese ove quasi tutte le abitazioni erano sprovviste di rete idrica specialmente i rioni del Castello, Carmine, Casieri e dintorni.

Con un barile di circa cinquanta (50) litri, trasportato a spalla, forniva le famiglie che ne facevano richiesta, che quasi sempre erano le stesse. Sciù Sciù, di fisico abbastanza forte, con quel peso non da poco sulle spalle, si muoveva traballando, saltellando e canticchiando qualche motivetto dell'epoca. La stagione dei fioroni, ne riceveva tanti, o in mancanza, occasionalmente, anche fichi d'India; frutti che usava consumarli mangiandoli in modo insolito, come solo lui sapeva fare, lanciandoli in aria fino ad otto metri di altezza, come un giocoliere, uno alla volta contando "jéun, déu è trà"(uno, due e tre) e riafferrarli al volo con la bocca spalancata e il più delle volte, se non veniva disturbato, la presa era assicurata e la gente applaudiva. Sciu Sciu, compiaciuto e con la pancia piena, si allontanava giulivo, canticchiando qualche canzonetta, storpiando le parole col suo biascicare.

Le sere d'estate, spesso lo si poteva trovare nei pressi di piazza San Sabino, davanti all'ex Bar Di Miccoli.
Al suo arrivo, la piazza antistante la chiesa, si animava di adulti e ragazzi, per assistere al consueto spettacolo del lancio non di fioroni o fichi d'India, ma di un cono gelato, che il Di Miccoli ne dava spesso con l'esplicita intenzione di metterlo alla prova lanciandolo in aria come i fioroni o i fichi d'India e come al solito, non sbagliava mai. Succedeva a volte, che qualche ragazzo, incitato dagli adulti, per rendere lo spettacolo esilarante, al momento che Sciu Sciu effettuava il lancio, gli dava una spintarella alle spalle, facendogli perdere l'equilibrio, ed il gelato gli si spiaccicava sul viso, fra le risate fragorose dei presenti.

Sciù Sciù, vedendosi imbrattato e sentendosi ridicolo per lo smacco subito e per aver perso un boccone prelibato, amareggiato, diventava serioso e smetteva di esibirsi, manifestando l'intenzione di andarsene. Gli adulti, fingendosi dispiaciuti, cercavano di consolarlo, inveendo contro l'autore della burla, invitandolo ad esibirsi, recitando la parte del paladino di Francia Orlando e Ferraù di Spagna.
Sciu Sciu, si sentiva onorato di farlo, e dimentico della burla, accettava però ad una condizione; prima di esibirsi pretendeva di essere ricompensato con le monete di mettallo e non di carta, poiché non conosceva il suo valore, anche perché, per compiacersi, di tanto in tanto voleva sentire il tintinnio delle monete che gli spettatori che gremivano la piazza, dovevono lanciarli per terra, possibilmente sotto a i suoi piedi.

Dopo di ché, Sciù Sciù, incominciava ad esibirsi assumendo l'atteggiamento dei personaggi, prima dell'uno e poi dell'altro e con il suo linguaggio biascicato e poco comprensibile incomincia dicendo:

FERRAÙ: Scendi dalla peddice ti stappelò il cuole dalla ladice.
Traduzione: scendi dalla pendice, ti strapperò il cuore alla radice.
ORLANDO: Scendi dal mondo al piano, ti stappellò il cuole co dillindano.
Traduzione: scendi dal monte al piano, ti strapperò il cuore con Durlindana:
Dopo le minacce intimidatorie, si passa ai fatti e, "Sciù Sciù" posizioinandosi al centro della piazza, con le gambe divaricate in posizione statica, con il braccio destro allungato in posizione orizzontale, come se impugnasse la spada e il braccio sinistro piegato ad angolo, come ad imbracciare lo scudo, cominciava a dimenarsi, agitando braccia e gambe, girandosi e rigirandosi sù se stesso facendo delle piroette tra gli applausi e gli schiamazzi dei presenti.
FERRAÙ: Ollando sei motto. Traduzione: ORLANDO sei morto..
ORLANDO: Fellaù, plepalati la fossa. Traduzione: Ferraù, preparati la fossa.
Dopo un duro combattimendo, Ferraù viene ferito e gridando dal dolore chiede l'alto dicendo:
FERRAÙ: Ollando, Ollando dove teni l'ingàddo? Traduzioine: Orlando dove tieni l'incanto?
ORLANDO: su caccagno sinisto! Traduzione: sul calcagno sinistro!
FERRAÙ: Ollando, azzi i caccàgno! Traduzione: Orlando, alza il calcagno:
ORLANDO: Fellaù, sei motto! Traduzione: Ferraù, sei morto
FERRAÙ, gridando per l'ennesima volta: Ollando, Ollando, addiamo nella gotta e cobbattiamo allanuto. Traduzione: Orlando Orlando, andiamo nella grotta e combattiamo nudi.
Mentre Ferraù gridava ancora, viene di nuovo ferito gravemente e, Sciù Sciù, nella parte di Ferraù, cade a terra e muore. Dopo si alza e con atteggiamento di vincitore, nella parte di Orlando, si sente protagonista e, tutto sudato, si piega a raccogliere le monete da terra e con parole biascicate, rivolgendosi a gli spettatori dice: E lì tennose sò picche. Traduzione: e le monete sono poche.
Ma, dopo la sua protesta, c'era sempre qualcuno che lanciava un'altra moneta, stimolandolo a continuare in qualche altra esibizione e Sciù Sciù rispondeva canticchiando una filastrocca che solo lui sapeva. Dopo la filastrocca, gli scherzi non finivano mai e i burloni ogni tanto ne inventavano una nuova.

Spesso a tarda sera, chiamavano Sciù Sciù dicendogli che c'era una ragazza che si era innamorata di lui ma, per essere conquistata, voleva sentire la sua voce e cioè, farle una serenata sotto la sua finestra. Lui, consapevole che non era vero, fingeva di credere, ed accettava solo per soldi, che gli servivano per sopravvivere e seguiva quelli che avevono organizzato lo scherzo. Arrivati sul posto e posizionandosi sotto la finestra prestabilita dov'era la ragazza complice dello scherzo, Sciù Sciù cominciava a cantare la canzone da lui preferita dal titolo "CREDIMI"che così diceva:
Chetimi no lò capace lì mendì,
Guaddami le vesso viso li soffì.
La la la là, la la la là e falli chetele.
La la la là, la la la là io no vivo senza li te

TRADUZIONE:
Credimi non son capace di mentir,
Guardami si legge in viso il mio soffrir.
Vorrei saper che devo far per farmi credere,
Non mi lasciar non vivo più senza di te:
Credimi ecc. ecc.

Finito il canto dalla finestra "tutto predisposto prima" la ragazza gli lanciava dei fiori, facendogli credere che il canto era piaciuto e che era veramente innamorata di lui. La sera dopo, sempre stimolato dai burloni della sera precedente, Sciù Sciù e compagni tornano di nuovo sotto alla finestra della ragazza a cantare di nuovo la stessa canzone. Questa volta però, la ragazza,sempre d'accordo con gli organizzatori, invece di lanciare fiori come la sera precedente, gli rovesciarono addosso dell'acqua.
Gli organizzatori, fincendosi di essere dispiaciuti, cercarono di consolarlo dicendogli che forse a buttagli l'acqua non era stata la ragazza, ma forse la mamma, oppure che stasera la tua voce era un po' stonata, o forse perché la ragazza era rimasta dispiaciuta in quanto si aspettava un'altra canzone.
Per continuare a prenderlo in giro, gli promettevano l'incontro con un'altra ragazza che veramente fosse innammorata di lui e gli scherzi continuavano all'infinito.

La storia di Nenucce Sciu-Sciu, a cura Savino Losmargiasso
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