Stilus Magistri

Scolari vendemmiatori a piedi nudi

Come i calcatores dell’Antica Roma

Ottobre, andiamo. È tempo di vendemmiare. E così i bambini di Scuola delle classi di seconda, con le maestre e alcuni genitori, hanno fatto vendemmia nell'azienda di Sabino Leone nel giorno 9 ottobre 2015. Tra gli antichi filari assolati in via Lavello, nel silenzio dei campi, hanno raccolto i neri grappoli dell'uva di Troia. La presenza di un sacerdote, don Michele Malcangio, ha evocato le parole di Papa Francesco in un'educazione ambientale: "Laudato si'". "Laudato si', o mi' Signore ... per i verdi filari di sora uva, che si congiungono a frate Sole. Infatti i nostri padri contadini raccontavano: "ogni chicco d'uva, un raggio di sole", quasi evocando le parole stupite di Dante Alighieri, "Guarda il calor del sol che si fa vino, / giunto a l'omor che de la vite cola" (pensa al vino che è prodotto dal calore del sole, unito all'umore che cola dalla vite) (Purgatorio, Canto XXV, vv- 77-78). E qui i vendemmiatori sono i bambini in una Scuola Laboratorio, che evoca le parole del poeta "fanciullino", Giovanni Pascoli: "Non altro? No. Da non so qual pendice / veniva un canto di vendemmiatore, / veniva un canto di vendemmiatrice". E la vendemmiatrice dei bambini di scuola qui si chiama Sofia, Antonia, nel sorriso dei bambini protagonisti nella gioia della natura, nella bellezza della cultura, nel valore dell'educazione, sulle vie sensoriali e non solo digitali, sulle vie della storia dell'uva di Troia, che proprio oggi viene presentata nel Gargano e nel foggiano dai RAI Due alle ore 13,30.

Secondo la leggenda fu il mitico eroe Diomede, che fuggendo da Troia, sarebbe approdato sulle rive dell'Adriatico, risalendo il corso del fiume Ofanto, e apportando il vitigno decantato dallo stesso Omero nell'Iliade, nel Libro XVIII, nei versi 783-786:
'Seguìa quindi un vigneto oppresso e curvo
sotto il carco dell'uva. Il tralcio è d'oro,
nero il racemo, ed un filar prolisso
d'argentei pali sostenea le viti.'

(Traduzione di V. Monti).

Dalle mani dei bambini il nero racemo, in dialetto "u raciùppe", viene trasportato da Sabino Leone nell'atrio, in un moderno "calcatorium", dove i bambini a piedi nudi, come i nostri padri del '900 nei tini e come i "calcatores" dell'antica Roma, a suon di musica pigiano l'uva divertiti. È una storia antica di duemila anni, è una storia del secolo dei nostri bisnonni, è una storia moderna dei nostri bambini, che ritornano a terra accostati al torchio, da dove stilla il dolce succo d'uva. "Tranquili, dice l'animatore Mattia, zero alcool. È succo d'uva, dolce, naturale, con proprietà antiossidanti". Tutti, con le maestre e le mamme, si accostano al torchio per gustare il dolce succo dell'uva di Troia, come descrive lo stesso poeta latino Orazio nelle Odi (1, 20): "et prelo domitam Caleno tu bibes uvam" ( e tu berrai l'uva spremuta col torchio caleno). Dal torchio canosino, si passa poi ai banchi per mangiare la pizza di Antonio pizzaiolo che sforna dal forno a legna i sapori mediterranei. Tutti a Scuola, tutti in fila. Si entra alla fine a visitare le grotte tufacee sotterranee, osservando nelle mani del maestro Peppino, la "lucernédde", la piccola lucerna ad olio che illuminava le cantine sotterranee di Canosa di Puglia, come racconta il maestro Peppino nella poesia in dialetto canosino "abbàsce a la gròtte", letta priorio nella loro Scuola de Muro Lomanto nel 1986. Quel succo d'uva diverrà vino e già la maestra Rossella, come augurio, leva il calice di una caraffa di nero di Troia, descritta dall'Arma dei Carabinieri nel 1882 nella monografia storica di Minervino Murge: "qui il vino si vende a carafa". Qui l'uva di Troia si vendemmia a piedi nudi e si sorseggia nel dolce succo, prodotto dal calore del sole unito all'umore che cola dalla vite.

Buona vendemmia, bambini! Viva la Scuola dei vendemmiatori e degli scrittori!
maestro Peppino Di Nunno
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