Minervino Crocifisso Grotta S.Michele
Minervino Crocifisso Grotta S.Michele
Stilus Magistri

Riscoperta la pergamena di Montecassino

Il Monastero benedettino di Canosa e la “spelonca” di Minervino

Nel patrimonio sabiniano di Canosa e del territorio riscopriamo il legame storico, civile e religioso della "Grotta di San Michele" di Minervino Murge, chiesa rupestre in un anfratto carsico che scrive sul portale il "Quis ut Deus" micaelico del Patrono di Minervino. Le realazione del tempo di Don Luigi Renna, oggi amato Vescovo, riporta la Visita pastorale alla Diocesi di Minervino di mons. Antonio Pacecco, vescovo di Bisceglie del 1732, in cui la Grotta viene menzionata come seconda tra le numerose chiese "fuori le mura", con il nome di "chiesa del Glorioso Protettore San Michele Arcangelo" . Ma in precedenza la Chiesa era intitolata a San Salvatore, titolo corrispondente all'omonima Basilica della vicina Canusium in epoca sabiniana. E la stessa Chiesa figurava tra i possedimenti cassinesi congiuntamente al Monastero Benedettino di Canosa. Abbiamo avuto conferma dalla lettera trasmessa alla Cattedrale di San Sabino da Padre Giovanni Lunardi, insigne storico benedettino nell'Abbazia della Madonna della Scala nelle vicinanze di Noci in Provincia di Bari. Ulteriore e sicura attestazione è data dalla pergamena del Monastero di Montecassino in cui si attesta la restituzione all'Abbazia Cassinese di vari possedimenti che essa aveva "ab antiquis", e fra l'altro "in pertinentiis de civitate Minervine speluncam ubi est ecclesia Sancti Salvatori et territorie" (nelle pertinenze della città di Minervino (restituita) la spelonca dove è collocata la Chiesa di San Salvatore). (F. TRINCHERA, Syllabus graecorum membranarum, quae partim Neapolis" Napoli 1865, pp.10-12) .
L'Abbazia benedettina di Canosa si identifica nell'Abbazia di San Quirico, come scrive Padre Lunardi: "La Badia di S. Quirico viene citata nel documento del 1223, nelle Rationes decimarum, dove è ricordato il prioratus S. Clerici de Canusio monasteri S. Salvatoris. Doveva essere ridotto a grancia nel 1567, quando nella 'concordia' fu assegnato all'Annunziata di Napoli. (Monasticon Italiae, Vol. III, Puglia e Basilicata, p. 47, Cesena, 1986). Le fonti concludono che "non rimangono tracce degli edifici".

In realtà resta la toponomastica a Canosa di Piazza Badia S. Quirico valorizzata dalla piccola scultura in una nicchia della piazza ad opera meritoria di una Signora canosina L. P. negli anni scorsi in una cerimonia in piazza coordinata da Don Felice Bacco, attento cultore di questa Badia, di questa Abbazia benedettina, cui si lega la "spelonca di Minervino" intitolata a San Salvatore come rappresenta anche un affresco all'ingresso della Grotta, che ci è stato trasmesso dalla Parrocchia di San Michele di Minervino. Nelle ricerche filologiche abbiamo riscoperto le tracce storiche del Monastero benedettino dedicato e intitolato a S. Quirico nella Relatio Ecclesiae Canusinae del Prevosto Tortora del 1758 (cap. VI, par. I, 5) nel paragrafo della Traslazione delle spoglie di San Sabino nell'anno 800.

Prope vero veterem Cathedralem aedificatum reperiabatur Benedictinorum Coenobium, cuius Ecclesia, in praesens commendata, D. Quirico dicata erat.
Proinde circa X. Seculi medietatem Montis Cassini Abbas Majelpotus vocatus a Basilio Imperatoris Protospatario petiit, ut memoratum Monasterium in Veteri Civitate Canusina, idest inter ruinas aedificiorum Canusinae antiquorum situm cum suis reditibus sibi restitueretur, inquiens Leo Ostien. In Canusio Vetere Ecclesiam S. Benedicti, ac Molendinum, ac Curtes.
(Leo Ostiensis , lib. 1, cap. 60).

In realtà nelle vicinanze della vecchia Cattedrale (di S. Pietro), si trovava edificato il Monastero dei Benedettini, la cui Chiesa, attualmente commendata, era dedicata a S. Quirico.
In seguito, intorno alla metà del X° secolo, l'Abate di Montecassino, di nome Majelpoto, chiese a Basilio, Protospatario dell'Imperatore, che fosse restituito, con i suoi redditi, il suddetto Monastero sito nella vecchia città di Canosa, cioè tra le rovine degli antichi edifici canosini, su attestazione di Leone Ostiense: Nella vecchia Canosa, la Chiesa di S. Benedetto, un mulino e le corti.
La pregevole bibliografia del Tortora ci riporta a Leone Ostiense, (1046-1115), monaco benedettino, Vescovo, storico dell'Abbazia di Montecassino.
Abbiamo trasmesso queste fonti del Tortora e di Leone Ostiense all'Archivio Storico di Montecassino, che ha rintracciato e trasmesso la famosa pergamena di Montecassino, che abbiamo letto e riscoperto con la Direzione dell'Archivio di Montecassino.
La pergamena del 15 maggio del 943 riportata nel Chronicon di Leone Ostiense e individuata come Codice 450 riporta vari possedimenti in Puglia che Basilio, Protospatario (1) imperiale di Salerno, fece restituire all'abbazia di Montecassino riconoscendo la sua titolarità in quanto "antiqua esset dominatio prefati monasterii". La pergamena conferma il testo del Prevosto Tortora. Nel margine esterno del Codice 450 a p. 85 è scritto di mano del sec. XVI:"Sanctus Benedictus in Canusio e quo etiam ad cartam 57" ( San Benedetto di Canosa di cui alla carta 57).
La carta 57 corrisponde all'attuale p. 123, dove si legge alla colonna di sinistra:
"Fecit [l'abate Giovanni III, abate di Montecassino  dal 997 al 1010] et libellum cui dammonacho nomine Trasari de Sancto Benedicto in Canusio" .
La pergamena è riportata in Chronica monasterii Casinensis, II, 26, ed. Hoffmann, p. 215.
Altri storici non cassinesi riportano questi riferimenti come Pietro Diacono.
Il testo trascritto del Codice 450 relativo ai beni di Canosa, di Minervino e di Andria così riporta.
[p. 85] In Canusio vetere ecclesiam Sancti
Benedicti et molendinum et curtes.
In Minervio speluncam ubi est
[p. 86] ecclesia Sancti Salvatoris et terras.
In Andre vineas et olivas.
In rivo qui dicitur de monacho curtem.
Hec omnia prefatus Basilius
reconsignari fecit fratribus nostris,
confirmans eadem per cartam proprio
sigillo bullatam.
Il testo tradotto in Italiano indica i possedimenti restituiti a Montecassino.
Nell'antica Canosa (ha fatto riconsegnare) la Chiesa di San Benedetto, un mulino e i cortili. In Minervino (ha restituito) la spelonca dove c'è la Chiesa di San Salvatore e i terreni. In Andria (restituiti) vigneti e oliveti. Nel canale detto "del Monaco" (ha restituito) una corte. Tutte queste cose il suddetto Basilio le ha fatte riconsegnare ai nostri Frati, confermandole con un documento(3) munito del proprio sigillo.


In seguito al ritrovamento della pergamena di Montecassino e della lettura del Codice 450 presso l'Archivio Storico di Montecassino, riscopriamo il legame della Grotta di San Michele di Minervino, del territorio nel IX secolo e soprattutto del Monastero benedettino e dell'Abbazia di S. Quirico di Canosa, che attesta il legame di amicizia del Vescovo Sabino con l'Abate Benedetto, approdato oltre il IX secolo fino alla memoria dei nostri giorni di cui siamo eredi e custodi. Ma anche in vita del Vescovo Sabino S. Placido discepolo di S. Benedetto passò per Canosa e si trattenne con San Savino nell'anno 536, come attestano le fonti della Vita di S. Placido: "Anno Dominicae Incarnationis quingentesimo trigesimo sexto. Post aliquos dies ad Canusium Apuliae civitatem devenit".
Sia questa memoria lievito di cultura a Scuola, in Chiesa, in paese e sia lievito di storia di Santi e di fede nel Signore.
Riviviamo il dies natalis di S. Sabino, il giorno della morte, nel quinto giorno alle Idi di Febbraio (quinto idus Februarii), corrispondente al 9 Febbraio nella Festa di Canosa e dei Monasteri benedettini d'Italia e d'Europa.

Nota (1)
Protospatario (Treccani)
protospatàrio s. m. [dal gr. biz. πρωτοσπαϑάριος, comp. di πρωτο- «proto-» e σπαϑάριος «spatario»]. Nell'Impero bizantino, titolo attribuito ad alti funzionarî o generali; ebbe origine dagli spatarî o portaspada che figuravano nelle processioni imperiali.
Nota (2)
Monaco
Nella ricerca storica il Comune di Minervino ci ha confermato l'esistenza della contrada del Monaco, presso una gola (in rivo) della Murgia, in direzione di Andria verso Acquatetta a 12 Km. ca. da Minervino.
Nota (3)
"cartam bullatam". "Bulla" era una palla di piombo che, attraversata da una funicella attaccata alla pergamena, veniva schiacciata con una matrice e che, rimanendo attaccata alla pergamena, ne attestava l'autenticità legale. Il lessico evoca la "carta bollata" di oggi.

Ricerche storiche del maestro Giuseppe Di Nunno
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