Mens sana in corpore sano

Che i nostri figli imparino ad “Annoiarsi” …

Un breve saggio di Titti Di Nunno

Reduce da una stagione estiva in cui, benché madre attenta e alquanto rigorosa, ho dovuto fare ricorso a tutta la mia inventiva per ideare diversivi e svariate forme di intrattenimento per i miei figli, ho pensato di buttar giù qualcuna delle mie personali riflessioni sul senso profondo che la noia e l'ozio possano avere oggi per ciascuno di noi, in particolare per i nostri bambini, cosiddetti nativi digitali.
  • Cosa faccio adesso, mamma? Mi sto annoiando!
  • Impara ad annoiarti, vedrai, ti divertirai!
Ecco le ridondanti espressioni che vedevano quotidianamente impegnati me e mio figlio e che mi hanno spinto ad elaborare le considerazioni riportate di seguito, relative, come dicevo, al peso, nonché al valore, che oggi dovremmo riconsegnare alla noia. Ri - consegnare, sì, in quanto questo concetto, tanto apparentato a quello di ozio, non è nuovo al pensiero umano. L'otium latino, Seneca docet, presenta una singolarissima valenza ed apre ad un'interpretazione assolutamente positiva su tali principi. Viene indicato, infatti, come il momento più importante della vita di un individuo, quella in cui ricerchiamo noi stessi, ci dedichiamo alla nostra formazione, alla costruzione di una morale, usiamo il tempo in funzione della virtù, appunto per apprendere la virtù. Oggi, allora, chiediamoci, in quale occasione o frangente del nostro vivere quotidiano riusciamo a dedicarci all'otium? Riusciamo, cioè, a fare di un momento di noia, un tempo di produttiva introspezione, quindi di costruzione di pensieri e riflessioni? La valanga di canali di comunicazione sempre diversi, di finestre virtuali alle quali affacciarsi per incontrare, si fa per dire, l'altro da sé, di oblò da cui guardare al di là, magari anche senza essere visti, di passatempi seriali dagli effetti "stupefacenti", di certo non aiuta.

Il tempo di ciascuno è, oggi, fortemente e marcatamente strutturato, quotidianamente confezionato, vissuto a pieno, a volte, nel solo atto di edificazione dello stesso: impegni formali ed informali, incombenze di vita pubblica e privata, scadenze da onorare, orari da rispettare, obiettivi da raggiungere ad ogni costo. Tutto all'insegna del noto binomio di 'efficacia ed efficienza'! Lontano anni luce da quelle epoche in cui la vita sociale degli esseri umani, quella fatta di carne e ossa, quelle in cui il senso di appartenenza alla propria comunità era una realtà, era la realtà! Logica, questa, dalla quale non sfuggono nemmeno i bambini, che, anzi, pare non riescano a concepire il loro tempo se non quando esso è costantemente riempito di agire, di un agire concreto e "impegnativo". Tale trend, a mio avviso, va assolutamente frenato e diversamente connotato, a favore di nuove logiche sociali che muovano nella direzione opposta, quindi, verso il diradarsi delle faccende, la rarefazione degli impegni quotidiani, perché venga data nuovamente la possibilità a ciascuno di ridare senso pieno al proprio agito, step by step. Mi spiego: la molteplicità delle opportunità che ci vengono offerte ogni giorno, oltre, come è ovvio, al tempo del cosiddetto dovere, quindi del necessario, spesso comporta l'impossibilità di vivere nella massima consapevolezza il frangente in cui siamo coinvolti, comporta che i contenuti del nostro tempo non vengano appresi nella loro interezza, ma, al contrario, abbiano sempre di più un carattere sfuggente. Immaginiamo, allora, quanto sarebbe bello, e lo è realmente stato appena qualche generazione fa, "moderare la velocità" e riuscire finalmente a restituire ai nostri piccoli il tempo lento del passato, quello che conteneva, primo tra tutti, il dovere scolastico, nonché gli impegni ad esso connessi e, dulcis in fundo, il momento del riposo, appunto dell'otium di cui sopra: una "sana" carrellata di cartoni animati, assurdamente démodé nell'ultimo periodo, un bel film, magari, d'animazione, un compagno di giochi con cui condividere il pomeriggio, un disegno libero, una lettura divertente, uno sport salutare, che non sfoci necessariamente nell'agonismo, o, perché no, del tempo trascorso all'aperto, nel proprio cortile o nel parco giochi del proprio paese. Tutte attività, queste, nelle quali il potere immaginifico delle loro piccole grandi menti possa galoppare a briglia sciolta, lungi dal rischio che si generi alcun tipo di anomala dipendenza. E se per favorire tali percorsi occorrerà vestire i panni di adulti/genitori un po' all'antica, allora ben venga, perché, come ho già sottolineato, l'appiattimento della fantasia e delle capacità creative dei nostri figli, rappresenta uno soltanto dei sintomi di quella brutta malattia sociale chiamata 'individualismo'!
Titti Di Nunno- Docente di Italiano Scuola Bovio di Canosa di Puglia (BT)
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