Don Abbondio
Don Abbondio

Cosa c’è di allegro in questo maledetto paese?

Sulle tracce di Alessandro Manzoni al Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini

Si parla di Alessandro Manzoni al Meeting per l'amicizia fra i popoli di Rimini, «perchè il Meeting si fa per non dire cose ovvie»: così ha esordito Davide Rondoni, poeta e scrittore, che ha animato con passione il dialogo sul grande autore milanese con Eleonora Mazzoni, scrittrice e autrice di Il cuore è un guazzabuglio (Einaudi Ed.), una biografia di Alessandro Manzoni, e con Alessandro Zaccuri, scrittore e direttore della Comunicazione all'Università Cattolica del Sacro Cuore, nonchè autore di Poco a me stesso (Marsilio Ed.), romanzo su Alessandro Manzoni. Rondoni ha aperto e chiuso l'incontro leggendo prima l'introduzione e poi la conclusione de "I Promessi Sposi", lanciando con potenza il messaggio del più grande romanzo italiano. La presentazione della figura di Don Abbondio, descritto con tre gesti semplici, ci fa chiedere in che modo ciascuno di noi entra nelle vicende della vita e del mondo. È questo il grande tema proposto da Manzoni.

Ma perchè Mazzoni e Zaccuri hanno sentito l'esigenza di tornare al romanziere lombardo? Eleonora Mazzoni, leggendo fin da bambina "I Promessi Sposi" è stata subito colpita da Manzoni per «come leggeva il cuore umano con le sue contraddizioni e complessità». Presto è sorto in lei il desiderio di andare oltre alle opere ed arrivare a conoscere a fondo l'autore stesso. Perchè Manzoni nella cultura odierna è «ridotto a etichette affibbiate nel corso di due secoli, che lo hanno imbalsamato o monumentalizzato con retorica». Leggendo le sue lettere e quelle della madre Giulia Beccaria o delle due mogli, Mazzoni ha potuto andare oltre gli stereotipi e verificare che le etichette erano false. Da qui è nato il libro Il cuore è un guazzabuglio, in cui fedelmente ha raccontato la vicenda dell'autore e della storia che attorno a lui è ruotata, riportando i tratti della sua psicologia e del suo carattere.

Alessandro Zaccuri, raccomandando di leggere e rileggere "I Promessi Sposi" che sempre sorprendono, ha scritto un romanzo a partire da una notazione acuta: ne "I Promessi Sposi" non ci sono i padri; Renzo è orfano e Lucia lo ha perso da giovane. Andando a fondo di questa curiosa circostanza, si intuisce che nella vita di Manzoni c'è una questione con la figura paterna. La sua vicenda familiare è complessa, con la madre costretta a un matrimonio strano con un uomo più vecchio di suo padre; e prima e dopo il matrimonio avrà un amante ufficiale in Giovanni Verri. Alla morte del marito, la Beccaria si legherà poi a Carlo Imbonati, trasferendosi a Parigi e rivedendo il figlio Alessandro solo quando lui ha già venti anni. Il romanzo di Zaccuri Poco a me stesso è allora la storia inventata nell'ipotesi che Giulia Beccaria avesse scelto diversamente per la sua vita.

Mazzoni ha poi ripreso il tema dei clichè applicati a Manzoni: spesso descritto come nevrastenico e misantropo, in verità era pieno di relazioni e amicizie, al punto da riservare una stanza nella sua casa nel centro di Milano al suo amico Tommaso Grossi, dove poi si radunavano i suoi vecchi amici del collegio, spesso persone semplici, con cui discuteva continuamente creando la coscienza civile e culturale dei tempi; ma parlando anche di cose leggere, forse origine dell'ironia che troviamo ne "I Promessi Sposi".

Zaccuri ha poi affrontato il tema della Provvidenza, così tipico della poetica di Manzoni ma così pesantemente travisato nella manualistica corrente. Nella "Storia della Colonna Infame" Manzoni contraddice la vulgata di una Provvidenza come automatismo correttore delle ingiustizie, introducendo la questione della responsabilità personale che è veicolo della Provvidenza nel bene e nel male. Manzoni peraltro ha vissuto il dramma di una Provvidenza che a volte chiede grandi sacrifici, con la morte della moglie Enrichetta nella notte di Natale. Per Zaccuri, "I Promessi Sposi" raccontano una Provvidenza che richiede la libertà personale in gioco, che si esprime nella condivisione; significa dimenticare se stessi almeno per un attimo, come arriva a fare Renzo, che così diventa padre come coscienza, lui che non aveva più il padre.

La conclusione di Rondoni con la lettura del finale de "I Promessi Sposi" è una provocazione potente per tutti i partecipanti. Manzoni conclude il romanzo con "il sugo di tutta la storia". Per Rondoni, egli ci dice con forza che questo "sugo" non arriva dai direttori dei giornali, o dai capi del popolo, bensì dalla povera gente che vive e sa giudicare la vita. «Cosa rende allora una vita giusta? La Provvidenza non è un modo per far tornare i conti, ma un altro modo di calcolare le cose della vita. La giustizia della vita è un altra cosa, non è il tornare dei conti come nella mentalità comune; Manzoni propone un altro modo di leggere le cose, porta una rivoluzione nella mentalità corrente: la vita non è evitare i guai. La Provvidenza non divide la vita in fortunati e sfortunati che è la morale del tempo presente». E conclude: «Bisogna guardare alle sfumature della vita, perchè le sfumature sono la vita!».
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